Ripartire dal risparmio (e dal credito)

La responsabile della vigilanza Bce, Danièle Nouy, sollecita una forte tutela del risparmio in banca, spezzando i corti circuiti con i prodotti finanziari ad  alto rischio. GIANNI CREDIT

Ripartire dalla tutela del risparmio delle famiglie. Interrompere il cortocircuito che ha visto le banche – anche in Italia, non solo in Italia – offrire ai propri risparmiatori proprie obbligazioni subordinate, che le banche più in difficoltà non sono più riuscite a ripagare. E’ stata particolarmente severa ma anche molto chiara, pochi giorni fa davanti all’europarlamento, la responsabile della vigilanzia bancaria Ue, Danièle Nouy. Qualsiasi riforma del sistema, qualsiasi aggiustamento regiolamentare non può che muovere dal “risparmio di tutta una vita” delle persone: evitando che esso venga impiegato in prodotti sbagliati, offerti nella maniera sbagliata dall’intermediario sbagliato.

Le Popolari italiane che hanno proposto propri bond – o addirittura proprie azioni – ai propri clienti perché pressate dall’esigenza di ricostituire o rafforzare il patrimonio sono certamente esemplari. Ma è avvenuto altrove in Europa e non è stata che una variante del copione “risparmio tradito”. Quante centinaia di migliaia di americani hanno perduto i loro risparmi nel falò della finanza immobiliare? Spesso due volte: indebitandosi con mutui subprime per comprare una casa poi sottratta dall’ipoteca e affidando i propri risparmi a un fondo che investiva nelle obbligazioni derivate da quei mutui ad alto rischio.

Uno dei denominatori comune del “tradimento del risparmio” è stata certamente la tendenza contro cui la Nouy ha puntato il dito: l’omogeneizzazione forzata di tutti i circuiti finanziari dell’economia al modello speculativo del mercato. E’ stata l’imposizione del paradigma della finanza di mercato al circuito risparmio-credito: che – soprattutto nella tradizione dell’eurozona – si era consolidato aderendo invece all’esigenza di proteggere il risparmio e di convogliarlo verso il finanziamento dell’impresa. E’ stata la pretesa – alla fine molto ideologica – che la finanza di mercato assicurasse al risparmio maggior rendimento a parità di rischio e alle imprese meritevoli miglior disponibilità di capitali e credito a costo minore.

Nella realtà il risparmio delle famiglie è stato mandato allo sbaraglio. E alla fine a tradire il risparmio è stata lo stesso sportello bancario “di famiglia”. Sono state la hausbank – non solo italiane – a cessare dalla loro funzione di trasfomazione diretta di risparmio in credito per diventare superrmarket di prodotti finanziari studiati altrove, per esigenze lontane da quelle del risparmiatore tipico europeo. Infine, pressate dalle perdite e da più severi parametri patrimoniali, le banche hanno offerto ai loro clienti strumenti strutturati emessi da loro stesse: chiudendo in più di un caso il cerchio nel proprio dissesto.

Ora perfino negli Stati Uniti la nuova amministrazione Trump si sta interrogando: alla radice del problema. L’ipotesi di alleggerire le regole per le banche di Wall Street ha subito fatto gridare allo scandalo, ma nei fatti seguirebbe a forme di ripristino degli steccati fra banche commerciali da una parte e gestori e broker di Borsa dall’altra: gli steccati alzati da Roosevelt dopo il crack del 1929, per far ripartire l’America nel New Deal. Anche negli Usa le prime vittime della deregulation degli anni 70-80 sono state le saving banks territoriali. Le ultime sono state Freddie Mac e Fannie Mae, le gigantesche agenzie semi-pubbliche di garanzia dei mutui: l’esempio più drammatico di come il circuito risparmio-credito sia stato nuovamente sequestrato dalla finanza di mercato.

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