Lo confesso, domenica sono venuto meno ai miei sacrosanti doveri professionali. Mentre la Francia votava, in una delle elezioni più decisive per il Paese e per tutta l’Europa, almeno per un’ora e mezza non ho tenuto a bada l’ansia come si dovrebbe fare in questi casi. Non ho riguardato per l’ennesima volta gli ultimi sondaggi, che davano il pareggio tecnico tra Le Pen, Macron, Fillon, e Mélenchon. Non ho neppure ripassato gli effetti dell’attentato del 2015 sulla vittoria del Front National al primo turno delle regionali, né le probabilità che al secondo turno possa ripetersi quello che è successo nel 2002, quando Chirac ottenne un formidabile 82% per fermare Le Pen padre, che aveva superato il primo turno.
No, per 90 minuti, forse di più, ho ascoltato un formidabile dibattito dell’edizione 2017 di EncuentroMadrid, una conversazione tra il più famoso dei pittori spagnoli, Antonio Lopez, e Rosa Hinojosa, un’intelligente insegnante d’arte. Antonio López ha iniziato insieme a un gruppo chiamato la scuola realista di Madrid un’impresa molto rischiosa a metà degli anni ’50: tornare alla pittura figurativa dopo il lungo viaggio intrapreso dall’arte europea con il post-impressionismo. La scommessa era difficile perché, come lui stesso ha spiegato, ormai la capacità di rappresentare la realtà era appannaggio quasi esclusivo del cinema e della fotografia. Non pareva essere più necessario un ritratto di Innocenzo X, come quello di Velázquez, perché le discipline audiovisive sembrano ormai darci la perfetta rappresentazione di cose e persone. Lopez dipinge oggetti familiari, strade, vita quotidiana. Le sue opere hanno la forza e la discrezione di una bella poesia: invitano a guardare le cose comuni in un modo diverso; il solito non è più tale, in qualche modo si apre a qualcosa di non visto.
Mentre ascoltavo Antonio López mi ha distratto la domanda che mi ossessionava da quando al mattino erano stati aperti i seggi elettorali: com’è possibile che la Francia possa avere un presidente donna del Front National? Com’è possibile che i sondaggi diano l’ultra-destra e l’ultra-sinistra, anti-europee, al 40%? Una frase del pittore mi ha riportato ad ascoltare il dibattito: nell’arte da tempo non c’è più chiarezza su come fare le cose. Prima si sapeva come dipingere, “ora l’arte – evidenziava Lopez – è come la vita: nulla è chiaro. È la stessa cosa che sta succedendo alla politica. Ti chiedi perché non ci sono partiti all’altezza della situazione e ti accorgi che dovranno sparire, perché ne emergeranno di nuovi”.
La pittura, spiegava Lopez, attraversa un momento di disorientamento. Come la politica, ripetevo tra me e me. Come questa politica francese ed europea in cui domina il malessere. Prima della crisi, i francesi hanno votato contro la Costituzione europea. Prima ancora erano contrari all’ingresso della Spagna nel club europeo. Vogliono mantenere uno Stato che spende il 50% del Pil e non sono disposti a ridurre la spesa pubblica. Non hanno politici che facciano pedagogia. E si sforzano di mantenere come un emblema alcuni valori repubblicani che sono vuoti. La democrazia è rimasta come una conchiglia vuota, alla mercé di chi cerca nemici esterni, di chi alimenta l’odio verso l’altro. E Lopez, che sembrava ascoltare i miei pensieri e rispondere con il suo linguaggio di pittore, continuava a parlare: “Non critico l’arte astratta (che ha voluto diventare indipendente dalla realtà, come certi politici, traducevo io), è il risultato di una ricerca, di molta sofferenza”. “Noi – proseguiva Lopez – abbiamo reso l’arte qualcosa di impossibile, qualcosa che non si comprende. Una volta, quando qualsiasi romano entrava nella Cappella Sistina, anche se non aveva alcuna istruzione, poteva restare stupito dalla bellezza degli affreschi di Michelangelo. Per capire i pittori ora si deve aver studiato molto”. Qui – penso io – l’analogia è evidente: troppa burocrazia, troppo elitarismo, troppa lontananza dal popolo.
Siamo condannati?, mi chiedo. E una nuova frase di Lopez attraversa la stanza come un fulmine: “La bellezza deve essere sempre legata alla verità”. Il più famoso dei pittori spagnoli ha pronunciato le due parole impronunciabili: la bellezza e la verità, e le ha anche collegate. Non è uno slogan, è un metodo. “Io ogni giorno passo un po’ di tempo a guardare le cose belle, come le stampe di arte greca o dipinti di Velázquez”. E poi Lopez dipinge come dipingeva Velázquez, con continui “pentimenti” in una lotta continua per ricreare. In queste continue approssimazioni sempre imprecise, sempre tese, tipiche della ricerca di qualcuno che non si è arreso allo scetticismo, la politica assomiglia molto all’arte. Non è più forte la corrente che Lopez ha dovuto risalire nella pittura rispetto a quella che domina la scena europea. Lo confesso, domenica sono venuto meno ai miei sacrosanti doveri professionali. Ma non me ne pento.