Il cristianesimo nel mondo occidentale — dicono, preoccupati o soddisfatti, in molti — è in crisi. Ma bisogna scavare un poco più a fondo in questa asserzione, chiarire bene cosa si intende, perché l’equivoco, o addirittura l’inganno, sono in agguato. Suggerisco alcuni elementi di chiarificazione, traendoli dal recente libro di Charles Péguy, Cristiano della comune specie, secondo titolo della collana “A caccia di Dio” dell’editore Cantagalli. Il volumetto traduce per la prima volta in italiano una parte del lungo Cahier de la quinzaine del 24 settembre 1911 e conferma l’acutissima capacità di giudizio e la sorprendente preveggenza cui ci ha abituato lo scrittore francese.
Anzitutto il cristiano sa che, per quanta crisi ci possa essere, il destino della storia è già segnato dalla vittoria di Cristo: “Rigorosamente parlando, propriamente parlando tutte le età sono età di fede. Tutti i secoli temporali sono i secoli di Gesù. C’è solo una distinzione che esista, ed è tra i secoli dell’antica legge, che era la legge di giustizia, e i secoli della nuova legge, che è la legge d’amore. Dopo Gesù, dopo l’avvenimento, dopo l’incarnazione, dopo l’annunciazione di Gesù siamo sotto una sola e medesima legge, che è la legge d’amore”.
Certo, Péguy non nega che alcuni secoli hanno visto una società profondamente plasmata dalla fede cristiana ed altri in cui essa è stata combattuta. Ai nostri tempi la fede cristiana è assalita dalla marea dell’incredulità come uno scoglio dal mare in tempesta (e questo le dà ” una sorta di bellezza tragica propria”). Péguy fa un paragone fra l’epoca delle crociate e quella “moderna”: “Quelle crociate che i nostri padri andavano a cercare fin sulle terre degli Infedeli, sono esse invece che oggi ci hanno raggiunto, e le abbiamo a domicilio. Come un’ondata, sotto la forma di un’ondata di incredulità sono rifluite fino a noi”. E non parla degli islamisti, ma dei compagni d’ufficio e dei vicini di casa o, magari, di figli e nipoti.
Dunque, “il più piccolo tra noi è un soldato”. Che però lotta anzitutto e soprattutto per servire il deposito della fede che ha ricevuto e che i mutamenti della storia non possono distruggere: “La Chiesa è una, identica a sé, storicamente una, cronologicamente una, temporalmente eterna”. Essendo “temporalmente eterna”, la Chiesa non è immobile conservazione, anzi è vitale e continuo movimento di rigenerazione: “Non si fa che questo, ricominciare. È proprio questo che è la vita di cristianità. La preghiera ricomincia incessantemente, il sacramento ricomincia incessantemente. Anche la nascita e la morte temporali ricominciano incessantemente. La tentazione, disgraziatamente il peccato ricomincia incessantemente. Incessantemente tutti i giorni la preghiera ricomincia a chiedere a Dio il pane quotidiano. Il sacrificio della messa ricomincia incessantemente il Sacrificio della Croce”.
Di questo continuo ricominciamento vitale Péguy parlerà ancora nel Mistero dei santi Innocenti: “Gesù non ci ha dato delle parole morte che noi dobbiamo chiudere in piccole scatole (o in grandi.) e che dobbiamo conservare in (dell’) olio rancido. Le parole di (della) vita, le parole vive non si possono conservare che vive, nutrite vive, nutrite, portate, scaldate, calde in un cuore vivo. È a noi, infermi, che è stato dato, è da noi che dipende, infermi e carnali, di far vivere e di nutrire e di mantenere vive nel tempo quelle parole pronunciate vive nel tempo”.