Nicky Hayden non ce l’ha fatta. E’ morto. L’ex campione del mondo di Moto Gp è mancato dopo cinque giorni spesi a lottare tra la vita e la morte in seguito ad un incidente stradale ancora da chiarire. Hayden era un grande amico di Valentino Rossi, stava per sposare quest’estate la donna della sua vita e trascorreva amabili giornate in Italia nell’attesa delle nozze. La sua non era la classica vita del giovane spensierato, bensì un percorso dove ogni passo determina una scelta o una direzione per l’esistenza. A trentacinque anni Hayden aveva intrapreso diverse strade che lo avrebbero portato ancora, di sicuro, al successo. 

La vita del campione si è quindi spezzata a metà, di sorpresa, lasciando a metà desideri, pensieri, intenzioni e fragilità. Non esistono motivi, per chi crede, di attribuire a Dio il male e la morte. Ciò che oggi appare certo è che Hayden lascia un’eredità di cose che ha amato, per cui ha combattuto, che ha difeso: queste cose sono lasciate a ciascuno perché continuino ad essere amate e perseguite. Siamo davvero eredi delle persone che ci precedono tra le braccia di Dio nella misura in cui continuiamo ad aver cura delle cose che essi ci hanno lasciato. 

I giornali si serviranno di fiumi d’inchiostro nei prossimi giorni, molti trasformeranno Hayden in uno dei loro, molti altri preferiranno prendere questo singolo caso per un processo al mondo dello sport o al codice della strada. L’unica cosa dinnanzi alla quale tutti staranno in silenzio è il mistero di un uomo che vede spegnersi tutto ciò che l’esistenza aveva lui promesso. E’ questa la grande e radicale crisi dell’Occidente: non avere più niente da dire ai propri simili. Che possono così avere estro, enormi talenti, creatività, ma terminano tutti la loro esistenza nel silenzio e nell’incapacità di svelare un senso ad ogni passo della vita. 

In questa “commedia dell’assurdo” rimane la forza e il coraggio di un uomo, che con il suo stesso corpo ci interroga e ci spinge a chiederci se davvero — alla fine — la vita sia tutta lì, in un agglomerato di sogni destinati a spegnersi con l’ultimo dei nostri respiri, l’ultima folle corsa che ha portato il giovane pilota alla meta forse meno pensata, ma certamente più ambita. La meta del cielo di Dio.