Una leggenda popolare, notissima in tutta la Russia, narra che una volta san Cassiano e san Nicola furono mandati a visitare la terra e, girovagando, s’imbatterono in un contadino il cui carro carico di fieno si era impantanato nel sentiero fangoso e che da solo non riusciva a risolvere la situazione. Subito Nicola propose al compagno di andare insieme a soccorrere il pover’uomo, ma Cassiano rispose che non aveva alcuna intenzione di macchiare la sua paradisiaca veste con fango terreno; Nicola, da solo, si prodigò per aiutare il contadino e alla fine riuscì a rimettere in carreggiata il carro, ma la sua candida veste si era miseramente insudiciata e qua e là perfino strappata. Tornati in paradiso san Pietro chiese conto del loro viaggio e soprattutto di come mai i loro abiti fossero messi tanto diversamente. Udito l’episodio del carro impantanato, disse a Nicola: “Non hai avuto paura di sporcarti per aiutare il prossimo e d’ora in avanti sarai festeggiato due volte l’anno. Tu invece, Cassiano, accontentati della tunica immacolata e di una festa solo negli anni bisestili”. Vladimir Solov’ëv — il grande filosofo e teologo russo che cita questo racconto all’inizio della sua opera più importante La Russia e la Chiesa universale — commenta: “Noi amiamo certo la veste pura e splendida di san Cassiano, ma poiché il nostro carretto è ancora in mezzo al fango, è soprattutto di san Nicola che abbiamo bisogno, di questo santo intrepido sempre pronto a darsi da fare per aiutarci”.
Per questa sua prontezza nel piegarsi, senza schifiltosità, sulle ferite umane, Nicola (della cui biografia non ho qui spazio per parlare) è diventato uno dei santi più famosi in tutta la Chiesa, tanto che, scrive lo storico della basilica di Bari, “tra il X e il XIII secolo non è facile trovare santi che possano reggere il confronto con lui quanto a universalità e vivacità del culto”. I suoi miracoli hanno la caratteristica di essere molto concreti, quotidiani, direttamente interessati ai bisogni della persona, che si tratti di far avere anonimamente tre sacchetti d’oro ad un disperato padre ridotto in miseria che stava pensando di far prostituire le tre figlie al fine di ottenere una dote sufficiente a maritarle, oppure di strappare degli innocenti direttamente dalle mani del boia, o di convincere dei marinai a scaricare dalle loro navi sacchi di grano per i suoi concittadini colpiti da carestia (quando poi quei marinai giunsero a destinazione i sacchi di grano erano ancora miracolosamente dello stesso numero che dovevano consegnare).
La Russia è stata ed è uno dei fulcri vivaci della devozione a san Nicola. Lo stiamo constatando in questi giorni osservando le lunghissime file di fedeli in attesa di entrare nella basilica del Salvatore a Mosca per venerare e baciare la reliquia del santo. Essa consiste in un pezzo di costola — 13 centimetri — del lato destro della cassa toracica, quello “vicino al cuore” sottolineano i custodi baresi delle ossa del santo. È il regalo che papa Francesco aveva promesso al patriarca Kirill durante il loro storico incontro a L’Avana lo scorso 12 febbraio e forse nient’altro potrebbe così profondamente manifestare agli occhi del popolo credente russo la volontà di fratellanza dei cattolici verso di loro. È un grande gesto di ecumenismo della fede, i cui frutti non sono prevedibili, ma c’è da sperare che san Nicola dia una mano a tirar fuori dal fango della divisione i carri delle due Chiese sorelle.