Maturità 2017. Per molti sarà anche uno stanco rito, che porta con sé una stanca retorica, ma per ciascun studente dell’ultimo anno delle scuole superiori l’esame “di maturità” è qualcosa di più, è il primo momento della vita in cui uno può veramente accorgersi che c’è una sproporzione enorme tra la realtà e l’attesa smisurata che abita il cuore. 

Per cinque anni — per qualcuno anche sei o sette — non hai desiderato altro che questo “pezzo” della vita passasse, che il tempo scorresse, che tu potessi finalmente crescere e diventare indipendente da tutto e da tutti. Dentro di te c’è il desiderio di partire, di andare, di toglierti di dosso le regole, i paletti, il provincialismo di questi anni e di impadronirti davvero della tua esistenza. Durante l’anno scolastico, per raggiungere questo risultato, hai accettato la fatica, ti sei sottoposto ad ogni tipo di stress e di lamento da parte di chi pretendeva continuamente da te sempre di più. La scuola l’hai amata, l’hai odiata, ti è rimasta indifferente, ma sapevi che in fondo a tutto ci sarebbe stato quest’esame e che dopo, comunque, si sarebbe aperta un’altra partita. 

Poi nelle ultime settimane qualcosa è cambiato: chi della maturità se n’è sempre fregato ha cominciato a capire che, se avesse voluto passare, avrebbe dovuto avere tutte le materie più o meno sufficienti, chi per tutto l’anno ha guardato a giugno con ansia si è allarmato ancora di più per la mole dei programmi, per la tesina, per una scelta universitaria o lavorativa che a tratti è chiara e a tratti sembra confusa e ancora troppo incerta. Il pensiero si è così spostato sui compagni, perfino sui professori, e hai cominciato a realizzare che quel conto alla rovescia che un tuo compagno zelante teneva quotidianamente in classe, non rappresentava tanto il tempo che ti separava dalla fine della scuola o dalla prima prova scritta, bensì lo spazio che ti era rimasto per stare con quella gente lì, con quei volti lì, con quei bidelli e quegli amici, con quegl’insegnanti e quei banchi che forse fino ad ora non avevi apprezzato così tanto, ma che sono, nel tempo, diventati un pezzo di te. 

Che strana la vita! Quello che più di tutto desideri, ossia che le cose cambino, è quello che in assoluto temi di più. In questo modo a volte hai cominciato a pensare, ti sei fermato mentre stavi ridendo in classe o mentre il prof. leggeva il programma delle ultime cose fatte, forse hai addirittura pianto, versato qualche lacrima furtiva, riflettuto su dove saresti stato non fra dieci o vent’anni, ma fra due o tre mesi. Ed è stato allora che hai capito. La vita, come dice Ligabue, è “un viaggio in cui non si ripassa dal via”. 

Con la maturità, con quell’ultimo ingresso fra quelle mura con in mano un vocabolario di italiano che forse hai scoperto di avere solo l’altro giorno, si chiude definitivamente una pagina, una parte importante e incredibile del tuo cammino, un tratto di strada che non si ripeterà mai più. Per cui alla fine quello che rimane, quello che davvero ti interessa, è sapere che ne sarà di te, se davanti a te c’è il vuoto — il nulla — o Qualcosa che ti aspetta. Se può esistere un Bene per te. E’ questa la domanda che le interrogazioni, le verifiche, le serate con gli amici e le piccole o grandi trasgressioni di questi anni hanno tenuto coperta, a volte compressa, ma è questa anche l’unica domanda che davvero ti interessa. 

Per cui quest’esame è la tua grande occasione. Non per andartene o per congedarti da chi ti ha accolto ragazzino e adesso ti vede uscire praticamente adulto, ma perché questa domanda sia presa realmente sul serio. Io devo trovare una risposta, ma la risposta è qui, abita qui, dentro questi scritti e questi orali, dentro queste giornate liete e amare, dentro questa realtà così inattesa e sorprendente. Nessuno può capire quello che si prova la mattina della prima prova scritta. Nessuno può raccontare il senso di straniamento che afferra l’animo e lo stomaco, ma tutti possono comprendere quanta sproporzione ci sia tra quello che si è sempre desiderato e quello che invece ci si ritrova davanti. Eppure è proprio la vita che c’è, che è presente, l’unico spazio in cui si può trovare una risposta. 

I ministri riformano l’esame di maturità a loro piacimento, giocano con crediti, prove scritte, orali, curriculum, ma non capiscono questa umile e semplice realtà: che l’esame di maturità è il momento in cui ciascuno percepisce su di sé la domanda più grande, quella sul destino della vita. Ed è per questa domanda che i ragazzi chiedono compagnia. Perché non vogliono viverla da soli. Ed è questa domanda che ci aspetta al varco, tutti quanti. Non si può eludere l’attesa del cuore. Non si può morire senza provare a chiedersi, almeno una volta, come si faccia a vivere. E’ questo l’esame di maturità, è questa la grande occasione che il nostro cuore attende. Buon esame a tutti.