Cosa unisce una città ricca e globalizzata come Milano e uno slum africano, dove le persone vivono nella povertà in un immenso agglomerato di baracche con le fogne a cielo aperto? La cosa più imprevedibile ed “inutile” che si possa immaginare: il teatro. Questa sera al Piccolo Teatro Studio verrà raccontato questo strano legame che si è instaurato con Kibera, un grande slum alle porte di Nairobi, dove vivono 500mila persone e dove da qualche anno a questa parte è partita una sperimentazione che sta ottenendo grandi risultati: coinvolgere i bambini in progetti di teatro.
A dare il “la” a questo tentativo è stata la scuola Little Prince sostenuta in Italia da Avsi. C’era da affrontare il problema delicato della frequenza dei bambini alle lezioni, che per tanti motivi era su livelli davvero troppo bassi. Il teatro era stato pensato come fattore per un maggior coinvolgimento, senza immaginare che potesse avere effetti tanto positivi. Non è stato solo risolto il problema della frequenza, in quanto i bambini non volevano mancare la scuola per non mancare le prove di teatro; ma attraverso il teatro i bambini sono cresciuti in modo straordinario in autoconsapevolezza, in capacità di comunicare, in sicurezza. “Il teatro non è un extra rispetto alla didattica”, ha spiegato Anthony Maina, il preside della Little Prince. “Il teatro è un metodo. E i bambini lo imparano, per poi portarlo anche nelle altre materie, dalla matematica alla grammatica. È un luogo privilegiato dove si forma la personalità e il carattere di ognuno di loro”.
I frutti sono stati sorprendenti tanto da convincere gli insegnanti di quella scuola che fosse necessario investire di più. Ci volevano più strumentazioni, andava rifatto il pavimento della sala, c’era da migliorare il palco, per adeguarlo al livello di qualità che gli spettacoli avevano raggiunto (un Pinocchio messo in scena a Kibera aveva addirittura vinto nel 2015 il primo premio nell’annuale concorso promosso dalla Fondazione Collodi).
Così, per cercare un sostegno al progetto si sono rivolti all’Italia, e in particolare a Milano, dove un grande attore come Franco Branciaroli ha iniziato a sostenerli con raccolte fondi promosse da lui stesso al termine dei suoi spettacoli. A sancire il link tra palcoscenici così lontani e così diversi è arrivata la decisione di dedicare il teatro della Little Prince ad Emanuele Banterle, fondatore della compagnia degli Incamminati e appassionato protagonista della vita teatrale milanese dagli anni ottanta in poi: un uomo con un’idea di teatro profondamente implicato con la vita.
Evidente che non ci si potesse fermare lì. L’esperienza della Little Prince aveva attirato l’attenzione di altre scuole dello slum. Il teatro si è rivelato come un’energia contagiosa. A questo punto più che di strutture c’era bisogno di rischiare un’idea nuova di teatro. Così nella trama bellissima di questa storia si è inserito un altro personaggio, Marco Martinelli, un grande regista, capace di straordinari spettacoli collettivi che coinvolgono studenti di mezz’Italia: in questo periodo a Ravenna si può ammirare una sua mess’in scena dell’Inferno di Dante con decine di attori presi dalla gente comune. Martinelli ha accettato la sfida. Ad aprile è andato a Kibera e ha fatto breccia con quella sua idea di un teatro mobilitante, che fa leva sulla creatività dei ragazzi e che mette al centro il loro corpo. È un teatro che non ha bisogno tanto di copioni quanto di orizzonti. “Quando sei lì, a Kibera”, ha detto, “lo sguardo va all’immondizia e ai bambini che ci giocano dentro: si tende ad indirizzare lo sguardo al suolo, in basso. È l’immagine che ci siamo portati dentro e alla quale ci siamo tutti legati. E invece sopra Kibera c’è anche il cielo. Per questo l’orizzonte del nostro progetto è guardare “il cielo sopra Kibera“. Che è il cielo che sta negli occhi di tanti bambini”.
L’obiettivo è quello di un grande spettacolo collettivo che coinvolgerà centinaia di bambini dello slum e che esordirà nell’autunno 2018. Il cantiere è partito. Avrà bisogno di risorse, di tante energie e di tanta passione. Sull’asse Milano-Kibera si gioca una grande e bellissima scommessa.