Nell’editoriale di circa un anno fa ho dato conto, con soddisfazione, del fatto che Maria Maddalena era stata – se così si può dire – innalzata di grado nella grande compagnia dei santi dal fatto che papa Francesco avesse trasformato il giorno a lei dedicato da semplice “memoria” a “festa”. L’abbiamo celebrata sabato scorso, ma mi piacerebbe salutare i miei lettori prima della pausa estiva, offrendo una poesia dedicata a lei, la peccatrice conquistata da uno sguardo cui ha prestato attenzione scevra da pregiudizi, la seguace fedele che non ha avuto paura delle dicerie della gente né, sotto la croce, della brutalità dei soldati, la piangente non rassegnata alla morte del Maestro che per prima ha rivisto vivi quegli occhi che sanno perdonare.

È una poesia di Giovanni Testori del 1989 nata in modo strano. Prendendo le mosse da una mostra sulla Maddalena, l’editore Franco Maria Ricci, aveva deciso di trarne uno dei suoi prestigiosi volumi e chiesto a Testori, in veste di critico d’arte, di presentare le opere e di predisporre per ognuna una adeguata didascalia. Il poeta ha preso la mano al critico e quelle quaranta didascalie sono diventate altrettante poesie, dove Testori non rinuncia al giudizio artistico, ma lo mescola con la meditazione e il coinvolgimento appassionato del fedele. Scelgo quella che mi è piaciuta di più, dedicata alla Deposizione del Beato Angelico. Assicuratevi di avere davanti agli occhi l’immagine mentre leggete.

Chi credere

avrebbe mai potuto

che fin della Deposizione

il rito

trasformarsi potesse

in giardino fiorito?

Ecco: 

mazzo di fiori

terso, ordinato,

tra lacrime

e intelletto di ciò che sia dolore

rugiadoso, rugiadante,

lucidato, lucidante.

Niente dei cuori

è fuori.

E tu,

prostituta-rosa-rampicante,

umilmente divorata

divorante

a sostener col fiato

del tuo grembo

in pace ricomposto

Colui che alla tomba

vien portato

come a un ilare convito

da cui

dopo tre giorni

s’alzerà.

Dunque

l’incontrerai

e poi, per sempre,

oltre ogni gesto

nato morto

e in Lui risorto.

In uguale lindura

lo vivrai,

in uguale frescura,

in uguale verzura,

in uguale misura,

in uguale beltà, 

di cristallo lo spazio

nell’aria leggera e tersa

del Contento,

vento,

forse appena venticello.

Ci sarà dietro

eterno,

un uguale monticello…