Giovani figli (fragili) di una shopping list

Una scuola di inglese a New York. Tanti teenagers da tutto il mondo. L'amara scoperta di giovani fragili, senza curiosità, figli del consumismo. Una battaglia da combattere. RIRO MANISCALCO

La grande battaglia. La mia avventura estiva la chiamo così. E’ un’avventura così invadente e gelosa che di questi tempi mi permette di vedere poco altro. Sì, c’è Trump che continua a far fuori i collaboratori che si è scelti, le schermaglie parlamentari sulla riforma sanitaria (che sembrano non portare da nessuna parte), ci sono le rinnovate sanzioni contro la Russia… ma per me anzitutto e sopra tutto c’è “la grande battaglia”.

Ogni estate mi trovo a che fare quotidianamente con centinaia di teenagers provenienti da tanti paesi. Diversi e uguali. Sono ragazzi che vengono a New York a studiare l’inglese (quello vero, cioè quello che si parla qui) e a fare vacanza. Sì, in buona misura a far vacanza, lo so e lo capisco, son teenagers! Nel lontano 1974 come generoso premio-maturità ricevuto dai genitori me ne andai per un mesetto dalle parti di Londra. Viaggio in treno da 17mila lire, niente scuola, permanenza in famiglia, chitarra in spalla. Una grandissima, indimenticabile vacanza. Ad un certo punto della vita sono stato teenager anch’io…

Li guardo questi teenagers, ci parlo, li stuzzico, mi capita di doverli richiamare, a volte sgridare. Li guardo dalla mattina alla sera e il paragone viene inevitabile. Non è che io fossi meglio di loro. Se fosse così poi ci sarebbe da capire cosa significhi essere meglio. E’ che sono cresciuto in un altro mondo, e quel mondo — quello che sembra non esserci più — mi ha messo in corpo una cosa preziosa che oggi sembra latitare nelle nuove generazioni: la curiosità. Arrivare in un posto come New York brandendo una shopping list come fosse la chiave per aprire e conquistare un mondo sconosciuto, l’alfa e l’omega di un viaggio oltreoceano è un po’ poco. Una shopping list o il sogno di una shopping list, per chi non ha tanti soldi da spendere. E’ qui che nasce “la grande battaglia”. Mentre considero quell’inevitabile paragone penso a come l’avrei vissuta da ragazzo questa grande battaglia: una dichiarazione di guerra alla borghesia imperante ed al suo consumismo senz’anima fino alla sconfitta del nemico.

Ma qual è il nemico? 

Li guardo questi teenagers e non posso togliermi di testa il pensiero che questi ragazzi sono quello che hanno imparato ad essere. Si può forse comandare a qualcuno di essere curioso? Si può forse trovare una cura ricostituente somministrabile in casi di mancanza di curiosità e desiderio? 

Io so solo che cos’ha reso me curioso e pieno di desiderio: l’incontro con persone piene di curiosità e desiderio. Da mio padre (nella semplicità del suo cuore), al maestro delle elementari, il mio capo scout, un paio di grandissime prof al liceo fino a Giussani che mi ha permesso di riabbracciare, capire e far tesoro di tutto quello che avevo ricevuto. Non ci sono nemici, ci sono solo persone che hanno ancora più bisogno di me.

Questa è la grande battaglia che cerco di combattere ogni giorno. 

Scoprire che tutto è più di quel che si pensa è una cosa bellissima. Scoprire che l’inglese non è solo una materia scolastica, che New York non si riduce ad una shopping list, che tu, sconosciuto che mi trovo di fronte, puoi essere una scoperta preziosa. Desiderare di desiderare, attaccarsi a chi spalanca la porta verso la realtà. Imparare a memoria quel che tiene vivi. Learn by heart, come diciamo qua, imparare col cuore, perché si impara davvero solo col cuore.

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