La Ripresa c’è? Quella con la erre maiuscola no: almeno non ancora. Ci sono invece alcune, parecchie “riprese” con la erre minuscola, ma alla fine non troppo minuscola. Proviamo a incrociare un paio di dati recenti, fra i molti che troppo spesso si correggono l’un l’altro, accendono e spengono le attese di Ripresa magari nell’arco della stessa giornata.
Prendiamo il +4,4% della produzione industriale in luglio, “trainato dalle macchine utensili”: come hanno titolato tutti i media. E’ dai mesi primaverili che l’economista Marco Fortis dice che la manifattura italiana sta girando meglio di quella tedesca, nel gruppo di testa della Ue. Se il Pil a fine 2017 crescerà dell’1,5% (il governo lo sta assumendo nella legge di stabilità) sarà merito di questo. Leggiamoci ora a fianco le fresche statistiche sull’occupazione in Lombardia pubblicate dalla Confindustria regionale.
Alla svolta 2016/2017 la “ripresa occupazionale” nella maggiore regione italiana è diventata reale a livello aggregato: +54mila posti rispetto al 2008, ribaltando il trend negativo culminato nel 2012 (-120mila). Mancano tuttavia all’appello 90mila posti nella fascia 15-24 anni (anche in Lombardia i giovani “Neet” restano più di 130mila). Però ancora: rispetto a otto anni prima, in regione ci sono 210mila occupati in più con la laurea. Non sono tutti giovani neo-assunti, ma – emerge dal rapporto – c’è evidenza di una buona domanda di laureati, chi esce dall’università ha molta più probabilità di trovare lavoro.
Il rapporto non manca di segnalare l’effetto-Industria 4.0: una leva di politica industriale completamente nuova, controcorrente. Il governo ha deciso di puntare la poca finanza pubblica disponibile non su una indefinita “Ripresa”, ma ha selezionato un singolo “cammino di ripresa”. Ha deciso di fidarsi dei produttori di macchine utensili, una forza dell’Azienda-Italia, e delle imprese italiane loro clienti. Quelle che utilizzano tecnologia innovativa per tenere competitivo il Made in Italy. Quelle che non possono non investire in digitalizzazione e quando si convincono a farlo smuovono i numeri “macro”. Quelle che assumono i giovani ingegneri o periti. Ecco come si sta chiudendo il cerchio di una “ripresa” reale: che, sicuramente, sta interessando alcune aree del paese e non altre; alcuni settori e non altri, un segmento dei giovani in cerca di lavoro e non altri.
La lezione-ricetta può apparire impegnativa e per certi versi scomoda: i giovani devono studiare tutti, di più, meglio, devono studiare ciò che serve perche le aziende competitive restino tali. Devono recuperare mobilità verso le aree e i settori dell’Azienda-Paese che producono valore aggiunto reale. Non necessariamente devono studiare tutti ingegneria per progettare robot o gestire sistemi di manutenzione in remoto a migliaia di chilometri. Dario Di Vico sul Corriere della Sera ha ricordato che inventare un festival culturale di successo è “ripresa” tanto quanto completare l’Alta Velocità, che “ripresa” è una app di e-commerce ma anche la logistica integrata che ne gestisce la distribuzione. Per gli eredi degli autotrasportatori-padroncini il lavoro – o lo spazio per una propria attività d’impresa – c’è, ma all’interno di reti “4.0” fatte di magazzini intelligenti e veicoli ibridi e multipiattaforma.
Le “riprese” non sono per tutti e nessuno in fondo le può dare: sono di chi le cerca e le costruisce. E le politiche pubbliche faranno bene ad abbandonare la nevrosi quotidiana dei decimali in più o in meno negli indici macro e seguire le piccole-grandi tracce di ripresa reale disseminate ovunque nell’Azienda-Italia. Invece di correre a dire a tutti che la Ripresa è arrivata – oppure che non arriverà mai – sarà più utile, anche se più faticoso, scoprire e indicare dove le “riprese” sono in moto e aiutare quanti più italiani a salirvi a bordo.