NEW YORK — Sono tornato a casa, a New York, dopo aver trascorso in Italia un lungo periodo. Mai così tanto tempo da quando la vita ci ha portati in America 24 anni fa. E’ sempre affascinante vedere e toccare con mano l’Italia nella vita quotidiana ed anche osservare come da lì si guarda il nostro paese di adozione. Infine, al ritorno nel nuovo mondo, i paragoni vengono numerosi e inevitabili. 

Non è una questione di analisi, è una questione di osservazione. Il fatto è che la “comparazione socio-culturale” fa parte della nostra vita: siamo italiani con gli italiani, americani con gli americani, ma inevitabilmente guardiamo gli italiani anche da persone che vivono in America e gli americani da esseri umani nati e cresciuti in Italia. In questo senso siamo “esperti” di questa arte comparativa, cioè persone che ne hanno e fanno esperienza. Cosa ho visto questa volta?

In Italia ho visto cose stupende, meglio, ho riscoperto la meraviglia di cose che quando avevo sotto il naso raramente mi commuovevano. Da incantevoli paesini medievali adornati dai dipinti di Piero della Francesca, alla Milano che si è fatta bella in mille cose, come la facciata ringiovanita del Duomo o la Darsena del Naviglio. Poi le colline, le montagne, il mio mare. L’Italia è proprio bella ed è una terra che ha ricevuto tanto. E poi la sua gente di tutte le età, persone e momenti di persone: chi avvilito, chi pensionato di testa e cuore già a trent’anni, chi pieno di pretese, chi invece ci crede, ci prova, sempre tenacemente battagliero, coraggioso e desideroso di vivere e costruire per sé e per tutti anche nelle avversità e nella malattia.

In questa cornice di bellezza fatta di storia e di cuore, striata di stanchezza di vivere, di persone e momenti di persone ne ho incontrati tanti (sono rimasto un mese, e per quanto asociale uno possa essere…). Anche vecchi amici che non vedevo da anni, alcuni da decenni.

Ecco, ritrovare i vecchi amici di una vita ha acceso un pensiero: tutto all’improvviso, inarrestabilmente, si lega, si ricompone. Non si capisce bene dove finisce il passato, quali siano i confini del presente e dove cominci il futuro. E’ tutt’uno. Ti rivedi da ragazzo, ti intenerisci per il presente e di struggimento per il futuro. Questo è molto evidente per chi ha la mia età, ma vale per tutti, giovani inclusi. Certo, vale anche in America.

In fondo non è forse uno sguardo rivolto al passato che ha portato nel presente Trump alla Casa Bianca nella speranza di un futuro migliore? Non è stata forse alla radice una questione di nostalgia per una grandezza perduta che ha prevalso su mille questioni sociali e politiche? La grandezza, il valore della vita mia dimenticata tra i meccanismi del potere.

Nostalgia… Proprio l’altro giorno leggevo su queste colonne della “epidemia di nostalgia” che sembra attanagliare il cuore di tutti. Guardi le bellezze del paese dove sei nato e cresciuto, guardi i vecchi amici ritrovati, guardi la confusione del cuore che sembra una malattia contagiosa, e poi le luci e le travolgenti forme di New York dal finestrino del cab che dal JFK ti porta a casa, rivedi gli amici conosciuti in quest’ultimo quarto di secolo, avverti dolorosamente la fragilità e la precarietà di tutto, guardi i nipoti e ripensi a quando eri giovane….

Nostalgia? è la nostalgia il ponte che lega tutto? Piero della Francesca alla disoccupazione, le montagne al mare, l’America all’Italia, la cadrega di Gentiloni e quella di Trump, passato, presente e futuro?

Nostalgia è una di quelle parole che mi hanno sempre fatto storcere la bocca, quelle cose che invece di spingerti in avanti sembrano volerti trascinare indietro. Eccetto che in una definizione che ne dà Antoine de Saint-Exupéry: “Desiderio di non si sa cosa”. Questa non mi infastidisce, ma mette alle corde. Perché è quel “non si sa cosa” che sta al fondo dell’elezione di un Trump e di tutte le scalcagnate battaglie da lui intraprese (e non concluse), dalla riforma sanitaria al muro col Messico, la lotta all’immigrazione, le minacce a Nord Corea e Iran, i tagli fiscali… è questo il “non si sa cosa” che riempie le giornate dei troppi giovani disoccupati italiani, di tutti quegli immigrati che continuano ad arrivare, di chi va a scuola senza trovare qualcuno che lo aiuti a scoprire che imparare è un’avventura spettacolare. Tutti a cercare un punto che leghi tutto. Come possiamo intuire nello sguardo di un vecchio amico o nei riflessi di luci sui grattacieli di New York.

Chi ha visto e udito lo racconti al mondo.