Il Padre, all’indomani della Creazione, esordì sul palcoscenico della storia con una domanda: “(Adamo), dove sei?” (Gen 3,9). Domanda d’interesse, una sorta di ammissione implicita di compagnia dopo la truffa perpetrata da Satana. Il Figlio — salutati i suoi a Nazareth e partito obbedendo all’ora per la quale era venuto al mondo — fece il suo esordio tra gli umani come il Padre suo: una sorta d’imitazione dell’arte paterna. A quei primi due uomini che iniziavano ad andare dietro a Lui, sferrò la prima domanda che Giovanni attesta nel suo scritto: “Che cercate?” (Gv 1,35-42). Fu, anche stavolta, una domanda d’interesse: “Ditemi: qual è il nome di ciò che vi fa mettere in cammino?”. Chiede che cosa cercano pur sapendo, da grande seduttore qual è, che non stanno cercando una cosa bensì una Persona che li aiuti nella loro personale ricerca del volto della felicità. Ci sono cose che, pur intuendole, è bello sentirsele annunciare in diretta, dalle labbra medesime di chi nutre interesse per noi: “Rabbì, dove abiti?“. E’ Lui, dunque, che stanno cercando: “Te noi cerchiamo. Adesso che ti abbiamo trovato, dicci dove abiti, dacci l’indirizzo di casa tua”. Incontrato l’Amore, l’unico desiderio che arde nel petto è quello di non perderlo mai più. Di prendere casa appresso alla sua.

E’ più facile giudicare l’ingegnosità di un uomo dalle sue domande che dalle risposte: sono le domande che uno si pone a decretare quale tipo di uomo diventerà. Cristo, da parte sua, diventerà il Dio della libertà: quando chiederà, lo farà con domande apertissime, quelle capaci di contenere la sequela e anche il suo contrario, il tradimento. Non ci sarà mai nessuna gioia nell’abitare assieme a Lui se non sarà calcolata sin dall’inizio anche la possibilità d’andarsene da Lui dopo averlo conosciuto. Per coloro che, dopo il chiarimento, si decideranno per la sequela, nessuna risposta preconfezionata, ma l’invito a mettersi in gioco fino in fondo: “Venite e vedrete“. “Venire” è verbo di provenienza — “venire da” —, è anche verbo di destinazione: “Venitemi dietro, andiamo!” Verbo di piedi, di passi e di futuro. “Vedere” è verbo di sguardo, promessa di visioni future, una sorta di anticipo di ciò che sarà: “Nemmeno immaginate cosa vedrete, se verrete dietro di me”.

Venire, vedere saranno i verbi tipici della sequela cristiana, verbi gemelli dell’altra coppia: amarecapire. Dopo aver preso casa tra gli umani, fissando la tenda giusto in mezzo, Gesù di Nazareth stila il suo programma: solo amando si potrà capire. Anche Lucifero, l’antagonista geloso, propone il suo programma: “Prima chiedi di vedere, poi deciderai se venire oppure no. Cerca di conoscerla prima di amarla, quella persona”. Cristo ribalta la prospettiva: “Amala, un giorno la comprenderai appieno, quella persona”. “Venite e vedrete“, dunque. L’esatto contrario di “Guardate e poi venite, oppure no”. Cristo e Satana, nella fase degli inviti, viaggiano quasi appaiati. La salvezza è un gioco di sfumature, d’accenti.

Gli vanno dietro al volo: quell’Uomo, però, era già noto ai loro cuori. Erano due discepoli del Battista, un maestro che già li aveva allenati al discernimento, a chiedersi cosa volevano dalla loro vita, che cosa cercare per diventare uomini appieno. Quando Cristo passò loro accanto — “Ecco l’agnello di Dio!” —, la legna era già accatastata sul fuoco, era tutto pronto. La scintilla partì: “Sentendolo parlare così, seguirono Gesù“. Accadde esattamente ciò per cui i due cugini, il Battista e Cristo, erano venuti al mondo: uno per diminuire, Giovanni, l’altro per crescere, Gesù. E’ la staffetta della salvezza cristiana: sentono parlare il primo, seguono il secondo. Il testimone accatasta la legna, il Messia l’accende. Con chi Lo seguirà, farà divampare il fuoco, riscaldando l’intero vicinato: “Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo) e lo condusse da Gesù“. Di quell’attimo, annate dopo, ricorderanno l’ora esatta: “Erano circa le quattro del pomeriggio“.

E’ dai piccoli particolari che ci s’accorge di un capolavoro. Di un incontro.