“Lo scopo è l’ultimo nella realizzazione, ma è il primo nell’intenzione”. Credo che se San Tommaso fosse capitato dalle parti nostre, guardandosi intorno, vedendoci all’opera, intenti a costruire questa cosa che chiamiamo New York Encounter, annuendo ci avrebbe ricordato questa semplice verità. Penso anche che ci avrebbe sorriso.
L’Encounter almeno un sorriso l’ha strappato a tutti quelli che hanno varcato la soglia del Metropolitan Pavilion. Come ha scritto Christopher White su “Crux”, “per quanto il tema (dell’Encounter) fosse serio, l’evento ha ricordato a tutti che nonostante tutta la stereotipia che possa esserci, la Chiesa è al suo top quando offre una testimonianza di gioia, soprattutto in tempi difficili”. E’ questo il sorriso che intendo, un sorriso fatto di gratitudine e letizia, non una questione sentimentale. Un fatto.
O meglio, per non perdere neanche una briciola delle testimonianze ascoltate in questo weekend e rimanere fedeli anche alle parole sentite, è uno sguardo che ti piomba addosso, ti conquista, cambia te e il tuo sguardo. E ti mette addosso la letizia.
Detto così sembra una storiella – finché non ti trovi faccia a faccia con i protagonisti dell’Encounter. E chi sono costoro? Professori, scienziati, artisti, Cardinali, persino Nunzi Apostolici, suore, frati, gentili, ebrei e musulmani, ma anche semplicemente il ragazzo e la ragazza che hanno guidato 15 ore o volato dall’altra parte del continente per venire a fare i volontari, pagandosi pure vitto e alloggio o le migliaia che hanno affollato ognuno degli oltre trenta eventi che si sono succeduti in questi giorni.
Mostre, conferenze, presentazioni e due spettacoli originali – ogni anno riusciamo anche in questo! Come ha commentato Joseph Weiler, presente con una mostra fotografica ed anche come panelist nell’incontro su Abramo, “Vi ammiro perché riuscite a fare cose incredibili con risorse molto limitate”. E noi che ci siamo di mezzo tutto l’anno a combattere con queste “risorse molto limitate”, chiedendoci ogni volta se riusciremo ad andare avanti, ammiriamo questa creatura che nasce e cresce in maniera così grande e bella che necessariamente deve essere l’opera di un Altro. “Vedo lo stesso spirito degli inizi del Movimento”, ha ripetuto più e più volte Don Pigi Bernareggi, missionario in Brasile da una vita, uno dei primissimi studenti del Liceo Berchet a seguire don Giussani partito ancora ragazzino per Belo Horizonte. E per quanto critico sia della società americana, ora se ne torna in Brasile cosciente che anche questo inimmaginabile miracolo dell’Encounter è parte della società americana. E tutto ciò si è esplicitato in maniera commovente durante l’incontro “A Human Gaze, a History” (uno sguardo umano, una storia), per la presentazione dell’edizione americana della biografia di Don Giussani. Uno sguardo che ha mosso e continua a muovere gente da un capo all’altro del mondo.
Non ho voluto fare un resoconto, non ne sarei neanche capace. Nei prossimi giorni andate a visitare il sito dell’Encounter (www.newyorkencounter.org) e il nostro YouTube Channel dove troverete tutto. E vi assicuro che ne varrà la pena.
Piuttosto mi piacerebbe avere più tempo e spazio per raccontare “gli incontri”. Non quelli sul palcoscenico, quelli fortuiti, dall’ascensore alla toilette, quelli con sconosciuti ragazzini volontari o anziani mai visti che vengono a ringraziarti per dirti che sono dieci anni che ci seguono. Oppure gli incontri a tavola, dove si beve, si mangia e si è liberi di essere se stessi. Domenica sera ad uno di questi tavoli avreste trovato Christophe Pierre, Nunzio Apostolico per gli Stati Uniti con Sayyid Mohammad Baqir al-Kashmiri, Presidente della Imam Mahdi Marjaeya Association. A mangiare, bere, chiacchierare affettuosamente… Chissà quali sforzi diplomatici sarebbero stati necessari per far succedere una cosa così. All’Encounter si può, all’Encounter succede in continuazione. E il segreto è tutto in quello sguardo umano che genera veramente una storia.