Mattarella e la cameriera: vivere e non sopravvivere

Mettere le mani in pasta, gettarsi nelle occasioni che la vita offre senza tirarsi indietro solo perché faticose o umili: è il messaggio di buon anno. GIORGIO VITTADINI

Che 2018 dobbiamo aspettarci? Ma soprattutto, quale atteggiamento può aiutarci meglio ad affrontare un futuro che appare nebuloso per il nostro paese? Mi chiedevo queste cose cercando di fare mente locale sull’inizio dell’anno nuovo quando mi è arrivato un sms da una cara amica, italiana di seconda generazione, da poco brillantemente laureata in materie letterarie che ha cominciato a lavorare nel campo della formazione con un contratto precario. 

Essendo di famiglia molto povera, e percependo uno stipendio basso, lo arrotonda con altri lavoretti. Mi scrive: “Buon Natale in ritardo e buon anno! Ti invio una cosa che ho scritto su Facebook: il 30 dicembre mi hanno chiamata degli amici per dirmi che avevano bisogno urgente di una cameriera in un ristorante… io in realtà avevo una cena… ma mi esaltava l’idea di aiutare questi amici e fare una cosa nuova. Ho lavorato dalle ore 17 di ieri fino alle 7 di sta mattina. E sono stata felicissima! Fare la cameriera il primo dell’anno è stato un regalo a me; questo lavoro ti spezza totalmente, ma c’è dentro tutto: servire le persone, pulire i piatti sporchi, rispondere bene a chi ti mostra indifferenza o a chi ti considera uno zero. Questo nella vita di tutti i giorni vuol dire servire chi ti è dato accanto o chi incontri a caso, cosciente che siamo fatti della stessa carne e siamo in questa Misteriosa Vita con le stesse domande, paure e fatiche, anche se per un attimo uno si può sentire diverso; pulire i piatti sporchi invece è come quando ti succedono le cose brutte, e ti lamenti pensando allo schifo e al fatto che vorresti essere da un’altra parte, e ti ritrovi incazzato perché non ti va proprio di affrontarla, ma se piano piano si inizia a mettere le mani in pasta, da quella fatica che ti è chiesta ne esci splendente e forte; infine, dare tutto anche quando la schiena e i piedi fanno un male cane, ma sei felice perché preferisci dare tutto (anche nel dolore) piuttosto che vederti la vita trascorrere davanti e non reagire. Viva i camerieri, viva chi ama incondizionatamente, viva chi dà tutto e non chiede in cambio niente. Per il 2018 vi auguro di Vivere e non sopravvivere!“.

Il racconto della mia amica mi ha fatto ricordare che don Giussani ripeteva spesso che se non avesse fatto il prete avrebbe voluto fare il cameriere per essere richiamato a quella dimensione profonda dell’esistenza e di ogni lavoro che è il servire l’altro.

Certo, si lavora innanzitutto perché  quel che si guadagna permette di vivere e aiutare i propri cari: ma non si può negare che quando si lavora, veramente, con coscienza, si percepisce di essere utile ai fratelli uomini negli infiniti bisogni che essi hanno per vivere, anche facendo l’insegnante, il commercialista, la badante, il medico, il commerciante.

Questo gusto di fare bene il proprio lavoro, non rinunciando mai a lottare per condizioni migliori, per progredire, per costruirsi una carriera, è un impulso profondamente inscritto nella nostra cultura. E ci ha reso uno dei paesi tra i più progrediti del mondo, non per l’apporto di pochi potenti, ma per il contributo di tutti, come l’insieme delle gocce che fanno il mare che ci veniva insegnato nella giornata del risparmio alle elementari a proposito delle monetine che diventano gruzzoletti. 

La testimonianza della mia amica mostra che questo spirito non è morto. Anzi, rinasce anche in chi è mal sopportato come un estraneo perché ha origine in altri paesi, o è visto come insignificante perché è povero, o ancora come immaturo e incosciente perché è giovane.

Questa ragazza, e i tanti come lei, sono quelli a cui si è riferito il presidente Mattarella quando nel discorso di fine anno con parole semplici e efficaci ha detto: “Conosco un Paese diverso, in larga misura generoso e solidale. Ho incontrato tante persone, orgogliose di compiere il proprio dovere e di aiutare chi ha bisogno. Donne e uomini che, giorno dopo giorno, affrontano, con tenacia e con coraggio, le difficoltà della vita e cercano di superarle”. Per vivere e non sopravvivere nel nostro 2018 dobbiamo semplicemente imitarle.

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