Dopo Capodanno la festa dell’Epifania sembra solo la chiusura di un periodo, il punto di contatto tra il clima natalizio e la quotidianità di gennaio: si spengono le luci, si rimettono a posto l’albero e il Presepe, si indugia ancora qualche ora prima di tornare nell’aridità delle giornate di un mese che psicologicamente sembra lunghissimo. Chi ha il dono di vivere l’esperienza della Chiesa, al contrario, è stato educato a guardare all’Epifania come ad un evento decisivo: essa è la festa in cui finalmente si rivela l’identità di Colui che è nato. 

È come se la Tradizione non volesse che ci fermassimo di fronte al comprensibile stupore per quella nascita, ma ci spingesse a chiedere di più, a volerne conoscere la natura, la verità. In un certo senso questo dinamismo è paradigmatico degli avvenimenti di tutta la nostra vita: ci innamoriamo, ci ammaliamo, iniziamo un lavoro, viviamo un’amicizia, e ad un certo punto non possiamo fare a meno di chiederci che cosa sia, che nome abbia, che cosa rappresenti rispetto alla nostra vita, ciò che ci è successo. Qual è il nome di questa morte? Qual è il nome di questa malattia? Qual è il nome di questo rapporto? Qual è il nome di quello che sperimento e che mi rende lieto o mi turba? 

È commovente, allora, vedere che razza di amici sono per noi i Re Magi. Non personaggi mitici o leggendari, ma uomini che volevano capire che cosa fosse quella stella nel cielo e hanno rischiato tutto per andare al fondo di quello che avevano intuito: essi infatti avevano compreso che il vero nome di ogni cosa, il vero nome di ogni fatto che succede nella nostra esistenza, è “segno”. Tutto è segno, tutto è chiamata, provocazione, ad una strada, ad un lavoro. Tutto, come la stella, è via che ci porta a Cristo. 

Di fronte al Mistero del Natale, i Re Magi azzardano un’ipotesi, ci sono veramente amici suggerendoci un’ipotesi, ovvero il fatto che ogni cosa sia un segno che ci mette in cammino verso ciò di cui abbiamo davvero bisogno. La morte di un figlio, l’inizio di un nuovo lavoro, la scoperta di una crisi di rapporti apparentemente irreversibile, ci spinge ad uscire dai nostri regni per fare un lungo viaggio: il viaggio che ci porta da quello che conosciamo fino al Mistero, fino al volto di Cristo. Tutto ci è dato come segno per portarci di fronte a Lui e prendere coscienza che era di quel bimbo che il nostro cuore aveva ultimamente sete. 

Tornare a scuola, riprendere il treno, reimmergersi nella routine solita di sempre, non è dunque una condanna, ma la possibilità di fare un percorso, di considerare ogni istante come sollecitazione ad andare oltre, a capire fino in fondo che cosa sia questo pezzo di vita con cui abbiamo a che fare. Ogni persona leale con sé desidererebbe avere come amico un Re Magio, qualcuno che scommette sul fatto che quanto stiamo vedendo o vivendo non sia fine a se stesso, ma sia strada a incontrare ciò che il cuore attende e spera. 

Perché è questa la notizia dell’Epifania: che quello che cerchiamo c’è e che non c’è circostanza che non possa essere vissuta dentro ad un cammino. Il marito è strada, il collega è strada, i figli sono strada, i nostri insuccessi sono strada, perfino — direbbe sant’Agostino — il nostro male. Il punto è che occorre la libertà di cuore per verificare che sia così, occorre partire e andare per terre che non conosciamo, a volte lontani dagli affetti e dalle sicurezze, per poter toccare con mano che queste non sono soltanto parole, bensì l’unica possibilità di vivere umanamente la vita. L’Epifania è la festa dell’amicizia. Nel gesto dei Magi tutti siamo aiutati a scrutare le nostre stelle come sentiero al Bene, alla Vita. E tutti possiamo cominciare ad essere amici così: non compagni per adempiere qualche missione o per passare il tempo, ma fratelli e sorelle che si aiutano e si sostengono nella domanda dell’esistenza, la domanda di sapere che cosa sia, che valore abbia, quello che che ci sta capitando. 

Potremmo anche noi, come Maria, ritrovarci senza parole nello scoprire che tutto ciò che confusamente affolla la nostra vita è in realtà un dono che ci è stato fatto per crescere, per ritornare ogni giorno a guardare in faccia Cristo, a scorgere, anche nel cielo più buio, una stella cometa che possa seriamente rivelarci il cammino, la strada da fare, per ritornare di nuovo di fronte ad un Volto in cui ogni cosa, anche la più piccola, ha finalmente il suo perché.