Chissà con quanta speranza il sindaco di quel piccolo paese sull’Appennino abruzzese si decise ad afferrare il telefono e a chiedere una mano. Chissà se credeva davvero che avrebbe trovato aiuto. Sicuramente non poteva immaginare che da quel gesto sarebbe stato piantato il seme che ha iniziato a cambiare l’economia della regione. E soprattutto la fiducia della sua gente. Palmerino Fagnilli, primo cittadino di Pizzoferrato, era però deciso a risolvere un problema: più di un giovane si era rivolto a lui per chiedere un lavoro. Attività da svolgere nella comunità ce n’erano, ad esempio tagliare l’erba negli spazi pubblici, e lui aveva anche già un mezzo: un trattore comprato con i soldi della comunità europea. Il problema però è che non poteva assumere nessuno. Telefonò così a Confcooperative Abruzzo e chiese di parlare con Massimiliano Monetti, il presidente da poco insediato, per avere un consiglio. Questi gli propose di incontrarsi.
In quel periodo Monetti aveva in mente soprattutto una domanda: quale contributo poteva dare il mondo cooperativo allo sviluppo della regione? L’Abruzzo è una regione piccola, ma possiede una grande ricchezza “ferma” nei territori, per lo più nell’entroterra, nei borghi, nei paesi, nella sua storia, nell’arte, nella natura (ha tre parchi nazionali) e in piccole economie diffuse. In particolare, boschi, terreni, seconde case, prodotti alimentari tipici possono trasformarsi in risorse economiche. Monetti aveva chiaro che tutto ciò poteva rimanere in un bel libro dei sogni se si fosse aspettato che altri, privati o istituzioni, da fuori, muovessero l’economia di questi luoghi.
Un “cortocircuito” virtuoso si era attivato tra la domanda che lo assillava e la sua esperienza di architetto, che lo aveva portato ad appassionarsi ai temi dell’abitare sociale. La risposta alla sua domanda poteva essere solo una: trasformare gli abitanti nel soggetto imprenditoriale che promuove lo sviluppo del suo territorio attraverso delle cooperative di comunità. E fu ciò che propose al sindaco di Pizzoferrato e al gruppetto di ragazzi che si presentarono con lui all’incontro. I giovani aderirono subito con entusiasmo e provarono a coinvolgere gli anziani del paese, da principio con scarso risultato. Più di uno rispondeva: “Ajavdé”, cioè, uno scettico: vedremo (se riuscirete). I ragazzi non si arrendono. E iniziano a fare una cosa molto semplice: mettono il marchio della loro cooperativa di comunità (che, accettando la sfida, chiamano “Ajavdé”) sui loro prodotti, quali patate, lenticchie, salame, vino, olio, ceci, e aprono un negozio in cui venderli. La richiesta piano piano aumenta, in particolare quella estera. In paesi come il Canada, infatti, ci sono tanti abitanti di origine abruzzese che desiderano comprare i prodotti del paese dei loro padri o dei loro nonni.
A questa attività se ne aggiungono presto altre: il piano per la pulizia della neve, dell’erba e altro, la presa in carico di una stazione di carburante, “PizzOil”, già da anni proprietà partecipata, a testimonianza del fatto che questa comunità aveva già in sé il germe della condivisione. Con essa la cooperativa riesce a soddisfare il fabbisogno della zona andando in pari, cosa che non accadrebbe se appartenesse a un gestore che vuole guadagnarci. In cantiere ci sono ambiziosi progetti per la gestione di un complesso turistico e per la gestione sostenibile delle risorse forestali.
La voce corre in fretta tra i borghi e i paesi abruzzesi. Monetti viene contattato da altre dieci realtà locali interessate da quanto sta accadendo. In un anno e mezzo le cooperative costituite sono undici. Oltre a Pizzoferrato, ad Anversa degli Abruzzi, Barrea, Campo di giovedì, Collelongo, Corfinio, Fontecchio, Prezza, Santo Stefano di Sessanio, Tollo, Tufillo. L’estate scorsa è stata costituita la Rete dei Borghi che mette a sistema le cooperative di comunità: anche in questo caso l’unione fa la forza. La Rete dei Borghi è il primo Distretto economico e sociale al mondo sviluppato dalle comunità locali (e dunque non a livello istituzionale) ed è per questo un caso pilota molto attenzionato da numerose realtà (fondazioni, enti, organizzazioni ecc.).
Le cooperative di comunità abruzzesi svolgono diverse attività a seconda delle loro esigenze, quali l’acquisto comune di energia e altri acquisti solidali. Poi la gestione dell’asilo, la spesa a domicilio, l’assistenza agli anziani, viaggi in città per diverse commissioni. Ora siamo alla fase di apertura di uno sportello nella piazza di ogni paese. Qui ad esempio si raccoglieranno adesioni per l’acquisto comune di energia o si offriranno servizi come la stipula di assicurazioni online che difficilmente una persona anziana potrà fare da sola.
Altre 3-4 cooperative di comunità sono in via di costituzione. L’avvio di queste realtà è stato possibile grazie al finanziamento che Confcooperative nazionale ha messo a disposizione tramite un bando e il contributo di Banche di credito cooperativo locali che hanno dato microfinanziamenti per startup fino a 30mila euro, più un premio di avvio di 5mila euro per pagare il notaio e le prime attività.
All’inizio non è facile, la diffidenza è molta, la sfiducia in alcuni momenti sembra avere la meglio, ma bastano pochi incontri e gli abitanti si rianimano, iniziano a capire che hanno la possibilità di salvare le sorti dei loro territori. All’inizio l’obiezione è sempre la stessa: ai nostri bisogni deve pensarci lo Stato. Ma è chiaro che ormai non ci crede veramente più nessuno.
Lo sviluppo di microeconomie, di azioni imprenditoriali di basso tenore, in quelle realtà si traducono in economie vere e proprie. Perché questo accada — e qui è il vero passaggio — le persone devo mettersi insieme. Devono tornare ad avere fiducia. Il treno di un’economia diversa è partito.