La Spagna di Pedro Sánchez ricorda quella degli anni ’90, con l’ultimo Governo di Felipe Gonzáles, e l’Italia di Mani Pulite. Non ci sono molte somiglianze. Il Governo socialista non è alla fine di un lungo periodo di oltre dieci anni al potere, afflitto da una grande stanchezza e dai casi di corruzione. Né c’è un sistema giudiziario che, in nome della pulizia della politica, superi i propri poteri e abbia l’obiettivo di porre fine a un certo sistema partitico. Ma arde con intensità un falò nazionale in cui presunte irregolarità commesse dai membri del Governo – nessuna di esse costituisce un reato – bruciano l’attualità, la vita dei partiti, l’opinione pubblica.
I media continuano giorno dopo giorno a dare dettagli sull’ultimo errore commesso a un certo punto del suo passato da un ministro o dal presidente (lavori accademici copiati, colloqui con poliziotti corrotti, società create per pagare meno tasse). L’opposizione chiede le dimissioni finché il caso seguente non compare nel giro di poche ore. Non viene fatta politica né da parte del Governo, che non ha il sostegno parlamentare per farla, né dall’opposizione, che alimenta solamente la polarizzazione in attesa che la caduta di Sánchez diventi imminente. Come negli anni ’90 si richiede un’etica che dimentica la principale regola morale in politica: il bene del popolo.
Sánchez brucia nel suo stesso falò di infallibilità. Per comprendere la situazione è necessario ricordare come il socialista è arrivato al governo. Ci è riuscito con soli 84 deputati (su un totale di 350) dopo la sentenza Gürtel che ha dimostrato il finanziamento illegale del Pp e che ha condannato il partito (anche se per un illecito civile e in due piccoli casi). La sentenza di Gürtel di maggio non è la più dannosa per il Pp in termini legali. Molto più devastanti sono le trame su cui si sta indagando a Madrid o a Valencia. Ma il Pp non è stato in grado di vedere il cambiamento radicale che si è verificato nell’opinione pubblica negli ultimi 25 anni. Dopo una crisi molto seria e la messa in discussione delle istituzioni da parte del populismo, la tolleranza sulla corruzione è minima. Rajoy non ha voluto vederlo, non ha voluto chiedere scusa e il resuscitato Aznar continua a negare ogni irregolarità.
La superbia di un partito che aveva reso grandi servizi al Paese, facilitando un’alternanza e rispondendo alle sfide della crisi (come avevano fatto i socialisti negli anni ’80), gli ha impedito di chiedere scusa, di riconoscere che a livello regionale i molti anni al potere (in coincidenza con il boom immobiliare) hanno sviluppato una cultura in cui i finanziamenti irregolari e, soprattutto, le spese per benefici privati ??non erano estranee. Le urne hanno dato un senso di impunità. Come il Pp degli anni ’90, con un’opinione pubblica più sensibile alla corruzione, Sánchez è arrivato tre mesi fa al Moncloa montando a cavallo di una rigenerazione che ora lo colpisce. Non ha voluto distinguere i livelli di corruzione, i casi su cui si indaga da quelli su cui c’è una sentenza, i crimini dalle cose brutte.
La partitocrazia che invade la giustizia, le università, le organizzazioni imprenditoriali e sindacali domina anche la percezione morale dell’opinione pubblica. È necessario che ci sia pulizia in politica, ma il fatto che questa pulizia non venga distinta da un’infallibilità impossibile è la prova che la vita pubblica è dominata da una grande astrazione. Il criterio non è la vita reale delle persone. Aver trasformato una cattiva tesi del Presidente del governo nel centro del dibattito pubblico per settimane è sintomo di un’anomalia: la vita politica è lontana da un Paese che ha bisogno di riforme urgenti (per l’istruzione, la natalità, il sistema pensionistico, il sistema produttivo, ecc.) e dibattiti molto seri, in modo che nei prossimi anni non ci sia una nuova debacle.
Nella Spagna reale c’è un progetto di secessione della Catalogna, un’intera generazione che non ha certezze sul futuro (con il suicidio come principale causa di morte) e che in gran parte non crede nel sistema costituzionale, un cambiamento nel ciclo dei tassi di interesse, un mercato del lavoro inefficiente e la sfida di una pluralità crescente senza critica civica. Nella Spagna reale c’è una società in movimento che è colonizzata da un’agenda sempre più aliena e che ha nostalgia della politica.