Perché Dio tace sull’ora esatta?

Dio non dice mai l’ora esatta del suo arrivo. Perché? Egli ha nascosto tutto nei dettagli, riconoscerlo e domandarlo è compito nostro

La differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grande? – domandò un giorno ad alta voce la mia prof, domandandolo a se stessa –. E’ l’attenzione che riservi per i piccoli dettagli: “I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio” (L. Da Vinci). Amo furiosamente i dettagli: una parola inaspettata, il batticuore di un sorriso. Piccoli gesti che riscaldano il cuore. In piccoli dettagli si manifesta Iddio, coi suoi misteri tutt’intorno. In un piccolissimo dettaglio cadrà, alla fine, Lucifero coi suoi infelici supporters: “Lasciami qui – ho letto sul vagone di un treno dismesso – tra i dettagli invisibili di cui solo tu ti accorgi”. Glielo ripeto spesso al mio Dio: “Nascondimi in un tuo piccolo dettaglio. Nasconditi in un tuo dettaglio: ho voglia di cercarti, sapendo che da qualche parte ti sei nascosto”.

I dettagli, però, non sono per chiunque: chi riesce a coglierne la bellezza, mostra d’essere così intelligente da comprendere il tutto. Parola di Gesù: “Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero, spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina”. E’ pazzo Dio: giura d’aver nascosto il Tutto in un dettaglio, il Cielo in una gemma che s’intenerisce stando appesa al ramo del fico. E’ solo una gemma con la pancia, incinta, in stato di parto. Eppure, per chi sa leggere i dettagli, non è più solo gemma: è l’estate che si avvicina.

Piccoli dettagli, impercettibili ai senz’anima, decidono tutto. O, per lo meno, avvisano la vicinanza dell’estate. Iddio in arrivo: “Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte” (cfr Mc 13,24-32). Dell’arrivo di Dio anche un pitocco come Satana è al corrente: ciò che temiamo (lui teme Dio) nell’animo arriva prima di quando in realtà arriva. Solo che lui, mostriciattolo d’attenzione, è pessimista circa quell’arrivo: “Affrettiamoci a spargere il fango. Quando arriva, sarà la fine”. La fine, dice lui: fine corsa, patatrac, chi s’è visto s’è visto. Cristo, invece, alla fine preferisce il fine: “Affrettiamoci a fare il bene. Quando arriverà, quel giorno raggiungeremo la pienezza del nostro sogno. Arriveremo in vetta!”.

Mi affascina Cristo: è pazzesco il suo realismo, micidiale la sua precisione di profeta, fenomenale la sua capacità di trafiggere con un dettaglio. Esigente al grado massimo la sua richiesta d’attenzione. E’ vietato distrarsi quando la meta s’avvicina: “L’attenzione genera tutte le virtù – scrive A. Haspel –, la distrazione tutti i vizi”. Ecco perché Satana, l’avversario avverso, riesce a farti concentrare l’attenzione solo sulle distrazioni: è un vizioso, lui. Vuole una corte di figli viziati, dunque li distrae, rendendoli tonti di fronte ai piccoli dettagli. E’ toccando il ramo che s’avverte la tenerezza del germoglio: è legge di natura. E’ affinando i sensi – vista, udito, tatto, odorato, olfatto – che s’affina il fiuto del Regno di Dio. Lassù si arriva solo attraverso quaggiù: è la logica del Natale di Betlemme, il seguito di quel primo viaggio verso-il-basso, perché noi andassimo verso-l’alto. Attaccati a fragili segni feriali, dentro i quali batte forte il sussulto della presenza di Dio.

Cristo chiede massima attenzione: “Fate attenzione, il tempo è vicino”. Ciò che chiede, lo chiede a gente che ti presta attenzione con tassi da usuraio: non s’accorgono nemmeno della tua presenza, figurarsi se s’accorgeranno della tua assenza. Per questo Cristo, Dio furbissimo, tace sull’ora esatta: son capaci tutti d’organizzare una cena per tempo. Eppure, a ben pensarci, la cena più gustosa è quella di quella sera che, senz’avvisare, hai bussato alla porta. Li hai colti alla sprovvista, eppure han aggiunto una sedia, un bicchiere d’acqua alla minestra, un tozzo di pane sulla tavola: buon appetito! Buona cena, quella cena. Così è di Cristo: dice che arriva, non dice quando arriva. Raccomanda di fare attenzione, e l’attenzione è l’unico modo di amare davvero. E’ specie unica di generosità.

Arriverà, sarà un piacere. L’attesa del piacere, però, è già essa stessa una forma di piacere. In spagnolo aspettare è esperar: aspettare è sperare. Sperare di non perdersi un piccolo dettaglio: lì è andato a confinarsi Dio, l’Imprevedibile.

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