Il taglio del nastro della ventitreesima edizione di Artigiano in Fiera avverrà, quest’anno, nell’area dell’Africa. La ragione è strettamente legata al desiderio di costruire, attraverso la manifestazione, un ponte permanente con il continente fondato sulla valorizzazione della persona e sulla solidarietà.

Tutti noi, negli ultimi anni, abbiamo assistito, inermi, all’aumento considerevole di giovani africani che, lungo le nostre strade, chiedono la questua, spesso controllati da chissà quale organizzazione criminale. Una consuetudine, ormai, che nega una qualsiasi forma di dignità a chi sogna, in Europa, una prospettiva di positività per sé e per i propri cari. È proprio questa promessa disattesa che, sovente, rende molti di essi una pedina alla mercé di meccanismi illegali o di dinamiche delinquenziali.

Si colloca, invece, esattamente all’opposto la nostra esperienza diretta maturata, in questi oltre vent’anni, nelle numerose missioni promosse in Africa. Qui abbiamo incontrato – e continuiamo a incontrare – tanti artigiani, molti dei quali giovani e donne, che decidono di partecipare ad Artigiano in Fiera per promuovere, nella cornice di un grande evento internazionale, il proprio lavoro. La gran parte delle persone con cui entriamo in contatto, poi, si presenta, in fiera, in modo significativo: si tratta, per lo più, di giovani – alcuni dei quali formatisi in Europa – con una base culturale solida, desiderosi di sviluppare la propria attività nel Paese di origine e di promuoverla con i crismi dell’autenticità, della qualità e dell’originalità.

A partire da questa esperienza abbiamo pensato di avviare, attraverso Artigiano in Fiera, un nuovo modello di relazione fondato sulla formazione professionale e imprenditoriale, promosso da Ge.Fi. Spa con la collaborazione di alcuni tra i più importanti centri di formazione professionali italiani e di E4impact.

Insieme desideriamo dare vita a un rapporto continuativo con alcune istituzioni e realtà imprenditoriali africane. All’evento inaugurale, in tal senso, firmeremo un’intesa con il Ministry of Social Solidarity dell’Egitto che, insieme con Alexbank (banca del gruppo Intesa San Paolo), è capofila di una collettiva di artigiani in fiera; con l’Union Tunisienne de l’Industrie, du Commerce et de l’Artisanat (UTICA) che, tre anni orsono, ha ricevuto, a Oslo, il Premio Nobel per la Pace come componente del “National dialogue quartet”; e, infine, con Ferronerie d’Art, un’impresa e comunità del Madagascar che dà lavoro, nutre ed educa in modo sostenibile centinaia di persone in una delle aree più povere del pianeta.

Con loro, come rappresentanti dei rispettivi Paesi, ma anche con altri Stati prossimamente, intendiamo promuovere l’inizio di una nuova forma di cooperazione. Intendiamo investire sulla persona, sulla sua formazione e crescita imprenditoriale. Mi riferisco alla realizzazione di una rete tra imprese artigiane italiane e africane, con particolare attenzione ai giovani, alle donne e al tema dell’innovazione; alla creazione di un rapporto tra le realtà artigiane e importanti operatori italiani impegnati nella formazione professionale (Formaper, Galdus, Capac-Confcommercio, Enail-Acli); alla pianificazione di iniziative tese a sviluppare, con il supporto di E4impact, la formazione manageriale e imprenditoriale degli artigiani africani sui temi del marketing, dei piani finanziari, della rete commerciale e del controllo di gestione. L’obiettivo è quello di fornire alle imprese africane soft e hard skill utili per promuoversi sul mercato globale e, laddove fosse possibile, generare sinergie con l’e-commerce europeo Artimondo.

Io credo che il rapporto con l’Africa, oggi, non debba più essere vissuto come un ostacolo allo sviluppo o, peggio, come un allarme perenne da monitorare. Allo stesso modo, occorre rinunciare a una forma di relazione fondata, spesso, sulla dinamica dello sfruttamento. Dobbiamo, al contrario, costruire un nuovo rapporto basato sulla stima, sull’amicizia e sulla solidarietà capace di offrire ai giovani africani di crescere nel proprio territorio.

L’iniziativa, di cui Ge.Fi. Spa si fa promotrice, va interpretata come un contributo promosso da chi non intende assistere passivamente, o con un atteggiamento polemico, all’attualità spesso drammatica dei flussi migratori. È giusto, invece, partecipare e promuovere una traiettoria di sviluppo globale sostenibile. La nostra iniziativa rappresenta solo un piccolo contributo al cospetto alle grandi questioni che riguardano l’area mediterranea. Riteniamo, però, che questa “goccia” possa essere un segnale di speranza.