In Spagna, la celebrazione del 40° anniversario della Costituzione ha coinciso con l’apparizione come forza parlamentare (al momento solo in Andalusia) di una forza di destra con un’ideologia finora assente. Vox mette in discussione alcuni dei principi essenziali della Costituzione come fanno Podemos per la sinistra o l’indipendentismo catalano in modo trasversale. Il nuovo partito, rifiutando il modello territoriale delle Comunità autonome (un federalismo non riconosciuto, né del tutto strutturato), si nutre della reazione al processo di secessione che si è cercato di realizzare un po’ più di un anno fa. Vox rappresenta qualcosa di nuovo, nemmeno quarant’anni fa esisteva una destra parlamentare che respingeva il testo costituzionale.

La solennità delle celebrazioni del 40° compleanno della Costituzione, coi bei discorsi del Presidente del Congresso e del re Filippo VI, ha silenziato per un po’ la crisi politica. Quanto più solenni sono state le celebrazioni per la Costituzione del 1978 (la più longeva da quando è cominciata la rivoluzione liberale in Spagna 200 anni fa), tanto più si è reso evidente che negli ultimi quarant’anni l’esperienza che l’ha resa possibile è stata spenta dalla “neutralità liberale” che domina lo spazio pubblico. Una neutralità, alimentata da sinistra e destra, che ha considerato una questione privata il riconoscimento dell’altro, la riconciliazione, l’unità pre-politica e pre-giuridica, gli elementi di significato impliciti nel fatto di essere cittadini.

Oltre l’85% degli spagnoli valuta positivamente la Costituzione del ’78. Valutazione che non è sul testo in sé, ma sull’accordo su cui si fonda. Ma il 27% crede che in questo momento la Spagna sia al palo. Almeno uno spagnolo su quattro mette in discussione i partiti e la politica. Non c’è da stupirsi che a destra emergano “opzioni di protesta” che finora non esistevano. La politica come pura gestione, come fonte di corruzione, genera rifiuto e la politica riappare come utopia, come rabbia. È il sintomo di un processo che richiede una risposta adeguata. Alla fine quello che c’è in gioco è se la partecipazione nello spazio pubblico deve scegliere tra neutralità tecnocratica o frustrazione, se c’è un protagonismo possibile in un ambito dominato dalla partitocrazia.

Vox è emersa in Andalusia con forza (10% dei voti), secondo i primi studi demoscopici, come somma di diversi elementi. Il rifiuto del decentramento è uno di essi, sicuramente il più importante. Cui bisogna aggiungere la reazione provocata dall’aumento dell’arrivo degli immigrati (falsamente percepito come una sorta di invasione) e la volontà che ci sia finalmente chi difende “l’agenda cattolica”. Un’agenda che vorrebbe essere una risposta a una secolarizzazione indotta dal potere e che pone l’accento su alcuni aspetti – la difesa del non nato, una risposta all’ideologia di genere – e ne sottovaluta altri – i migranti, un progetto comune. A tutto ciò dobbiamo aggiungere la reazione alle politiche intraprese per combattere l’enorme piaga della violenza subita dalle donne (la stragrande maggioranza degli elettori di Vox è fatta di uomini). Ci sono molti altri componenti che riveleranno il loro peso nel tempo.

La cosa sorprendente è che i postulati con cui Vox guadagna voti evidenziano problemi, ma non soluzioni. Il modello dello Stato delle Autonomie non è reversibile. La sussidiarietà verticale non è un male. Il decentramento, ben gestito, aiuta le persone. Le Comunità autonome hanno contribuito e contribuiscono a migliorare il Paese. È necessario, questo sì, risolvere la questione catalana, controllare la spesa, riformare il sistema di finanziamento, stabilire meccanismi di coordinamento a livello statale, chiarire le competenze. Allo stesso modo, la crisi migratoria causata dalla chiusura della rotta libica, richiede che il Governo rivendichi, come hanno fatto la Grecia e l’Italia in passato, un maggior aiuto da parte di Frontex. La Spagna deve essere rafforzata da Bruxelles e la Spagna deve aiutare l’Andalusia. L’inazione di Sánchez può generare un rifiuto dell’immigrato che, finora, non ha raggiunto i livelli esistenti in altre parti d’Europa. La settorializzazione delle politiche sociali da parte di gruppi di popolazione, che tratta le donne come parte di una minoranza, deve essere esaminata e valutata.

Bisogna dare il benvenuto e non avere paura dei dibattiti sollevati da Vox, né temere quelli che ha sollevato e solleva Podemos. La questione è se, tra gli e gli altri, il desiderio di costruire, di creare un Paese più giusto, torna a essere espropriato dall’ennesimo progetto astratto (cesellato con idee più o meno giuste), da un penultimo sogno di raggiungere una certa quota di potere, di tornare a contare. Abbiamo già visto troppe scorciatoie che distraggono dalla responsabilità di un cambiamento reale, concreto che passa dal non allontanarsi da nemici reali o fittizi, ma dal costruire in collaborazione con quelli che abbiamo vicino per un bene comune (con un’agenda generale) palpabile. Si racconta la verità nella vita pubblica quando c’è esperienza di una trasformazione tangibile.