Attenzione che stiamo toccando il fondo, occorre un deciso controsterzo e Milano può essere protagonista di un nuovo risorgimento del Paese. Questo sembra essere il senso della recente riflessione dell’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini. E’ sempre stato meglio non archiviare troppo in fretta i discorsi degli arcivescovi milanesi nella ricorrenza del santo del IV secolo che ha dato il Dna e il nome alla diocesi della capitale morale d’Italia: sant’Ambroeus. Non fa eccezione l’ultimo dell’attuale presule. Esso descrive il percorso di una nuova positiva costruzione civile e politica, assolutamente pertinente alla temperie attuale. E’ un passo ulteriore, quello di Delpini, dopo che egli era partito l’anno scorso per così dire “dal basso”, suggerendo il cuore e le mosse di un’autentica convivenza umana e sociale.
Il discorso si intitola significativamente “Siamo autorizzati a pensare” ed è un appello non innanzitutto a una dottrina religiosa o a un complesso di valori morali, come uno si immaginerebbe secondo cliché che ha in testa, ma alla ragione. Il valore di questo punto di partenza è già stato ben illustrato per il Sussidiario da un recente articolo di Giuseppe Frangi, inutile ripetersi. Ma vediamo la portata delle conseguenze.
1) Ambrosiani di tutto il mondo tornate al vostro Dna. Stiamo vivendo gli esiti di una deriva – dice in sostanza Delpini – in cui il potere ha condizionato tutti, titillando la pancia emozionale (tanto più emozionale in quanto i problemi e le incertezze sono reali) orientando tutto alla costruzione del consenso immediato. Ma “credo che il consenso costruito con una eccessiva stimolazione dell’emotività dove si ingigantiscono paure, pregiudizi, ingenuità, reazioni passionali, non giovi al bene dei cittadini e non favorisca la partecipazione democratica”. E non corrisponde al Dna della milanesità o lombardità ambrosiana che invece è fatta di ragionevolezza, apertura alla realtà, buon senso, pensiero riflessivo. Riscoprire tutto questo è la prima mossa per superare la “confusione tra ragione ed emozione” che ha gravemente inquinato la convivenza civile.
2) Mettersi insieme per ragionare e costruire. Se la libertà è partecipazione (grande Gaber), “la partecipazione democratica e la collaborazione per il bene comune crescono se si condividono pensieri e non solo emozioni, confronti sui dati e non insulti, desideri e non ricerca compulsiva di risposte ai bisogni”. In questi decenni quante volte ci siamo illusi di esercitare una democrazia dal basso a colpi di “comitati” che sono non di rado esattamente l’organizzazione della ricerca compulsiva, specie a base di no (no Tav, no discarica, no inceneritore, no tutto) che non si fa carico dei problemi e serve ad alzare il prezzo delle “compensazioni ambientali”, cioè della raccolta di consenso a base di denaro pubblico da parte di furbette amministrazioni locali?
3) Il rispetto della libertà di fare e di costruire da parte di cittadini e imprese. Delpini declina, attualizzandolo, l’antico attualissimo principio di sussidiarietà, auspicando che si favorisca l’intraprendenza di imprenditori e operatori, certo attraverso la semplificazione delle procedure burocratiche, ma innanzitutto cambiando l’atteggiamento giustizialista, da un lato, cioè il sospetto di principio sul cittadino come incline a delinquere, e l’atteggiamento litigioso e antisociale diffusi.
4) Una nuova universitas. Milano città delle università e da sempre laboratorio politico del futuro del Paese, “allergica alle chiacchiere e alle celebrazioni inconcludenti” può tornare ad avere un ruolo propulsivo nel produrre e proporre un pensiero politico e sociale, economico e culturale che superando gli ambiti troppo isolati delle singole discipline possa aiutare a leggere il presente e immaginare il futuro”.
5) Recuperare Costituzione ed Europa. La prima parte della Costituzione è un motore di riconoscimento del diritto al pieno sviluppo della personalità di ciascuno e la costruzione europea, fatta con l’apporto determinante di illuminati statisti cristiani, è il contesto e la chiave “per preferire l’unione alla divisione e la pace alla guerra”.
Quanto buon senso, come non ha paura di chiamarlo Delpini, inteso come senso buono. Ben altra cosa dal senso comune. Non c’erano ancora i social, ma un bravo milanesone l’aveva capito eccome. Bravo don Lisander.