Sola tu fosti electa, Vergine benedetta, che ’l pianto d’Eva in allegrezza torni. E’ Petrarca che ci presta le parole per questa festa dell’Immacolata. E di pianto è piena la terra, da quello dei ghiacciai che si ritirano a quello dei bambini non nati, a quello di chi soffre la fame, la povertà, la guerra, l’esilio, l’enorme ingiustizia generata dall’orgoglio di molti uomini. E poi c’è il pianto della solitudine, della malattia, dell’incomprensione, ma anche quello della gratitudine e del sollievo.
Uno è venuto e ha detto: “Beati gli afflitti, perché saranno consolati”, e poi l’ha vissuto sulla croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Tutto il suo lavoro di 33 anni, la sua preghiera, la sua sofferenza hanno preparato questo ultimo atto di offerta. E con lui sua madre, a raccoglierlo e a renderlo possibile anche a noi.
Bene diceva il signor curato di Torcy al giovane prete di campagna, schiacciato dalla meschinità e dal male in sé e nella sua gente, lo diceva con la sua voce forte, ardita, piena di una misteriosa allegrezza: “Lavora. Applicati bene. Ricordati lo scolaro curvo sulla sua pagina di calligrafia, con la lingua fuori. Ecco come si augura di vederci il buon Dio, quando ci abbandona alle nostre proprie forze. E la Santa Vergine, la preghi la Santa Vergine? E’ nostra madre, siamo intesi. E’ la madre del genere umano, la nuova Eva. Ma è anche sua figlia. Il mondo antico, il mondo di prima della grazia l’ha cullata a lungo sul proprio cuore desolato. Per secoli e secoli ha protetto con le sue vecchie mani cariche di delitti, con le sue mani pesanti, la piccola fanciulla meravigliosa di cui non sapeva nemmeno il nome. Nessuno ha vissuto altrettanto semplicemente e in un’ignoranza altrettanto profonda della propria dignità. Poiché infine era nata senza peccato: quale stupefacente solitudine. Lo sguardo della Vergine è il solo vero sguardo di bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra disgrazia, questo sguardo che non è affatto quello dell’indulgenza, che si accompagna sempre a qualche amara esperienza, ma della tenera compassione, della sorpresa dolorosa, di non si sa quale altro sentimento, inconcepibile, inesprimibile, che la fa più giovane del peccato, la più giovane del genere umano”.
C’è un’eco di Péguy, forse non voluta, ma ben rintracciabile, in Bernanos. Entrambi parlano della preghiera con un accento di tenera certezza, perché il grosso della flotta che solca il mare della tribolazione e giunge al porto della misericordia di Dio è composto dalle bianche caravelle delle Ave Maria, umilmente raccolte dietro ai solidi vascelli del Padre nostro. “Tutta la creazione era pura, com’era uscita giovane e nuova dalle mani del suo Creatore. Ma il peccato di Satana corruppe la metà degli angeli. E il peccato di Adamo corruppe la totalità degli uomini. Quando infine fu creata per l’eternità, per la salvezza del mondo questa creatura unica. A lei non manca nulla, perché essendo carnale lei è pura, ma essendo pura è anche carnale”.
Nella festa dell’Immacolata il pensiero torna facilmente a Lourdes, alla bianca signora nella grotta di Massabielle, a Bernadette così bambina per tutto il tempo della sua breve vita, e insieme anche alle innumerevoli persone anziane e ammalate che ogni giorno recitano il rosario insieme ai pellegrini che si recano in quel luogo in cui Maria ha rivelato la sua immacolata concezione. Chi vive una vita di necessità più appartata si trova forse più vicino al cuore della realtà e supplisce, per il mistero della comunione dei santi, alla frettolosa preghiera di tanti.