Aperti ai regali di Dio

Un incontro al Centro "Biblioteca dello spirito" di Mosca con padre Savva Mažuko, monaco ortodosso, che ha spiegato quale è il compito dei cristiani oggi. GIOVANNA PARRAVICINI

“Essere aperti ai regali che ci piovono all’improvviso da Dio”. Così, in una recente serata al Centro “Biblioteca dello spirito” di Mosca, padre Savva Mažuko ha delineato il compito principale che attende oggi i cristiani. Un compito che tuttavia, a dispetto delle apparenze, non è così facile come sembra, perché le persone appaiono spesso arroccate su proprie idee e posizioni, e lasciar spazio all’imprevisto è più difficile che praticare virtù o pretese virtù.

Sorridente e candido, ma tutt’altro che ingenuo nelle sue risposte, questo monaco ortodosso poco più che quarantenne, appartenente alla comunità monastica di San Nicola a Gomel’ in Bielorussia, è divenuto negli ultimi tempi uno dei pubblicisti religiosi più famosi del patriarcato di Mosca. Forse proprio perché non è facilmente inquadrabile negli schemi consueti o riducibile a stereotipi – liberale o conservatore, aperturista o purista e così via – ma proteso a ritrovare la dimensione personale del cristianesimo, in cui ciascuno possa sentirsi a casa sua davanti all’Essenziale, senza “etichette” di sorta. 

Così ha sintetizzato lui stesso il percorso tracciato ai credenti, in particolare ai laici ma non solo: “C’è un’immagine biblica che ha colpito fin da ragazzo la mia immaginazione: quando Davide si prepara al combattimento contro Golia, e viene rivestito dell’elmo di bronzo e della corazza dello stesso re Saul – ma una volta armato di tutto punto si accorge di non riuscire a muovere un passo. E solo quando si spoglia di quelle armi che non fanno per lui, e prende la sua fionda, è pronto per combattere”. La stessa cosa – ha proseguito Savva – vale per noi: “Abbiamo una ricchissima tradizione, una splendida ascesi monastica di secoli alle spalle, ma questo non significa ancora che possiamo semplicemente prenderla così com’è e trasporla meccanicamente nella vita nostra e del nostro prossimo, per essere testimoni di Cristo. Anche noi dobbiamo trovare ciascuno la propria via, le proprie armi”.

La novità: una parola che molti, nella Chiesa in Russia, sembrano temere, ma che padre Savva ripete e a cui esorta incessantemente. E può farlo perché, come dice il titolo del libro da lui presentato alla “Biblioteca dello spirito”, la novità si basa sull'”inevitabilità della Pasqua”, cioè su una vita che zampilla eternamente dalla fonte stessa della Vita, rinnovandosi di continuo eppure rimanendo sempre fedele a se stessa. Lo stesso concetto espresso da Pasternak nel Dottor Živago, quando parlava di “quell’altra definizione della vita, più forte, che è la resurrezione”. 

Qui si fonda anche un altro concetto su cui padre Savva insiste – la libertà di ciascuno di essere quello che è, con il suo temperamento, allegro o depressivo, estroverso o introverso. Non si possono imporre modelli di comportamento, il cristianesimo non ha nulla a che vedere con il buonismo o un sorriso appiccicato sulle labbra: “La letizia è un’altra cosa, non ha a che fare con lo stato d’animo, non è un’emozione che cerchiamo di coltivarci dentro: è qualcosa che traspare, traluce dall’interno, ed è probabilmente un sinonimo di “vita”. Il nostro compito – sottolinea padre Savva – è dunque vivere, aderire alla realtà con ogni cellula della nostra persona, commuoverci per la realtà di cui intuiamo il mistero profondo, il fondo dell’Essere cui tutto rimanda”.

“Oggi la società ci mette davanti sfide terribili – padre Mažuko ha ricordato a questo proposito l’escalation di suicidi di minori cui si assiste in Bielorussia. – Mi è recentemente capitato di parlare con la famiglia di un ragazzino impiccatosi per un amore non corrisposto. Nessuno gli aveva insegnato a misurarsi con la vita, ad accettare le sconfitte”. Ma per far questo, per educarsi alla vita e non semplicemente a delle pratiche di pietà occorre “imparare da tutto e da tutti, senza paura di misurarsi con la cultura e la società laica, o con personaggi che appartengono a orizzonti religiosi lontani da noi”, proprio per la certezza del radicamento nel “corpo e nel sangue di Cristo che ci rende consanguinei, concorporei di tutto e di tutti, perché in Lui tutto consiste”.

Del tutto liberi perché del tutto immedesimati, presenti sulle strade del mondo in tutti i suoi aspetti – dall’economia alla cultura alla politica – proprio perché colmi di silenzio, in ascolto di Colui che continuamente ci ricrea e ci unisce.

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