La settimana scorsa c’era nervosismo a Pechino. Si è infatti svolta l’annuale Assemblea del popolo, il Parlamento di facciata della dittatura cinese, con l’agenda più importante degli ultimi anni. Un’agenda che, in un certo senso, ha comportato una marcia indietro rispetto all’apertura avviata da Deng Xiaoping nel 1978. Xi Jinping, l’attuale Presidente, temeva che le riforme costituzionali presentate ai 3.000 delegati provenienti da tutto il Paese non venissero approvate con la consueta unanimità. Anche per questo gli abituali controlli a piazza Tienanmen erano stati raddoppiati e tutti gli abitanti nei pressi della città avvertiti del loro dovere di fare una segnalazione nel caso avessero notato qualcosa di strano.
Per le strade della capitale cinese sono stati schierati migliaia di volontari del partito per accompagnare le sessioni, uno a ogni angolo, ed erano ignari della preoccupazione di Xi Jinping. I cinesi mediamente non sanno cosa accade nel loro Paese. Possono nutrirsi solo di propaganda, l’accesso a Internet è severamente limitato. Ma gli efficacissimi servizi di intelligenza artificiale a disposizione del governo hanno cercato con attenzione speciale ogni espressione di dissenso.
Xi Jinping ha raggiunto il suo scopo. Domenica ha ottenuto facilmente i voti necessari a introdurre due riforme costituzionali che mettono fine all’apertura iniziata 40 anni fa. È stata cancellata la limitazione dei mandati e al partito viene assegnato un nuovo ruolo “in tutti i settori della politica”. Viene quindi consacrata la intronizzazione di Xi come nuovo imperatore che può prolungare la sua presidenza di dieci anni, forse quindici o più. La riforma costituzionale rappresenta un passo in più rispetto a quanto approvato nell’ottobre scorso. Il partito, prevedibilmente, darà un ulteriore giro di vite nel controllo delle aziende, delle organizzazioni sociali, delle compagnie straniere, delle chiese…
Xi recupera la tradizione sanweiyiti (tre posizioni in una sola persona) con il controllo del partito, del Paese e degli affari militari. Quello che può essere il nuovo Mao, contrariamente alle abitudini, non ha introdotto al 19° Congresso nessuno della sesta generazione di leader (nati tra il 1950 e il 1960) nell’ambito del Comitato permanente del Politburo. Sarebbe stato il modo logico di preparare una successione di cui Xi non vuole sentire parlare. Tutti gli organi del partito sono in mano ai suoi uomini.
La tecnologia viene in aiuto di questo progetto in cui il totalitarismo si rafforza. La quarta rivoluzione industriale in Cina è già un dato di fatto. E qui gli algoritmi lavorano per conferire a Xi un potere che i suoi predecessori non hanno mai avuto. Mentre gli Stati Uniti riducono gli investimenti in questo settore, il gigante rosso li aumenta. E non solo per interessi commerciali. Il Grande Fratello si è avverato. Ogni cinese che ha bisogno di comprare (si usa sempre meno contante), chiamare un taxi, comunicare con un amico o sapere come arrivare da qualche parte deve ricorrere all’applicazione We Chat, controllata dal potere. Durante la scorsa settimana ho avuto la possibilità di comprovare come questa applicazione sia stata utilizzata per cercare qualsiasi forma di critica, contatto con gli stranieri, movimento indesiderato. La polizia dispone in pochi minuti di tutti i messaggi. E Pechino è un grande set, in ogni angolo c’è una telecamera. È letteralmente impossibile muoversi senza essere individuati.
Potere onnipotente e potere economico e militare espansivo. Il mondo intero si rivolge al gigante rosso per finanziarsi. A differenza di quello che succede agli Stati Uniti, la Cina ha una strategia chiara. La nuova Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture, creata tre anni fa, ha già effettuato prestiti per un valore di 4,2 miliardi di dollari. Con tenacia si sta eseguendo il piano per costruire la Nuova Via della Seta (infrastrutture diffuse in tutto il mondo) che arriva fino all’America Latina. Presto gli accordi di libero scambio includeranno 30 paesi. Le partecipazioni in imprese estere nel 2016 hanno superato in 200 miliardi di dollari. L’Europa è nell’obiettivo di questo colonialismo del denaro. E le forze armate si sono modernizzate rapidamente: ogni anno 150 miliardi di dollari vengono utilizzati per questo scopo. Le nuove alleanze militari includono Russia, Pakistan e buona parte dell’Africa.
È un potere nuovo e antico che minaccia, anche fisicamente, coloro che aspirano ancora alla libertà. Un potere che richiede una risposta intelligente e, soprattutto, la consistenza della persona. Non si può far fronte al nuovo e terribile imperatore dell’era tecnologica senza la pazienza, la tenacia, il realismo e l’umiltà che offre un’esperienza di libertà presente. Una libertà che non viene data dal denaro, né dalla rivendicazione di alcuni diritti umani che possono limitarsi a puri enunciati. Più che mai è necessaria un’esperienza come quella che ha reso possibile Samizdat. Stiamo parlando di totalitarismo.