Difendere le comunità che vivono sul territorio. Quale altra preoccupazione più importante si dovrebbe avere riguardo alla Siria e a tutto il Medio Oriente? E se le popolazioni si massacrano tra loro, chi ha il potere di fermare la guerra dovrebbe rimanere neutrale?
Non ci sono strategie che vanno bene per tutte le situazioni. Ma raramente l’intervento armato ha aperto un processo di pacificazione. Normalmente non fa che aumentare il livello dello scontro. In Medio Oriente, poi, lo scenario è decisamente complicato. Innanzitutto dall’ipocrisia occidentale.
Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, non poteva che ribadire, anche in questo frangente, l’appartenenza del nostro Paese all’alleanza atlantica. Quell’alleanza però che non intende solo salvaguardare la democrazia, lo sviluppo e la libertà, ma anche quella capace di mistificare notizie non verificate, secondo cui Assad avrebbe ordinato i bombardamenti chimici. Quell’alleanza che ha sostenuto, se non finanziato, diverse fazioni di terroristi, come Al Qaeda in funzione anti-russa.
È la stessa coalizione occidentale che, attraverso le bugie di George Bush jr e Tony Blair, ha inventato la “pistola fumante” di Saddam Hussein. Dopo anni si è saputo che le prove erano state deliberatamente costruite per giustificare lo sciagurato intervento all’origine della devastazione e distruzione di tutto il Medio Oriente. Cosa che ha portato alla formazione dell’Isis, attaccato con decisione solo con l’intervento dei russi e dei curdi. Curdi che, tra l’altro, vengono oggi abbandonati ai criminali disegni del turco Erdogan. L’alternativa non era accettare lo status quo della dittatura, ma usare l’arma della diplomazia.
Uguale delittuoso atteggiamento ha avuto in Libia la coalizione occidentale con in prima linea Hillary Clinton e Nicolas Sarkozy. Si è scoperto che le ragioni della guerra non erano legate alla necessità di eliminare Gheddafi per instaurare la democrazia, ma di farlo tacere sui cospicui finanziamenti elargiti alla Francia e sostituire l’Italia nella gestione dei pozzi petroliferi. Questo accadeva sotto gli occhi di tutti, anche degli analisti e dei giornalisti che si sono ben guardati di denunciare la politica neo-coloniale degli occidentali.
E adesso, il presidente dello “Stato libero di Bananas”, che ha preso il potere negli Stati Uniti, il mediocre continuatore della sedicente grandeur francese e l’inconsistente primo ministro inglese, imitatore delle politiche guerrafondaie della Thatcher, vorrebbero giustificare l’escalation militare.
Sarebbe quindi auspicabile per l’Italia l’allontanamento da alcune scelte occidentali, come le azioni militari basate su fake news, per intraprendere nuove politiche ispirate a Pratica di Mare, vale a dire all’incontro avvenuto con il governo Berlusconi nel 2002, che riuscì ad avvicinare Nato e Russia.
L’esperienza insegna che la guerra in Medio Oriente continua perché Iran, Arabia Saudita, Turchia, Israele, Usa, Russia e alcuni paesi europei stanno facendo una guerra per procura, come hanno fatto nell’ex Jugoslavia e in Ucraina.
Dopo l’uscita della gran Bretagna dalla Ue, Macron sta dando un’ulteriore spallata alla già precaria casa comune europea che si mostra divisa, confusa e senza prospettive. Proprio quando, invece, ci sarebbe bisogno di un contributo razionale degli europei per controbilanciare, da un lato, l’interventismo americano e l’ideologia dell’esportazione della democrazia per via militare e, dall’altro, il loro conservatorismo che si traduce in un isolazionismo inutile.
C’è da sperare che anche questa volta l’appello del Papa a fermare i bombardamenti e a iniziare un negoziato pacifico venga ascoltato. Così come c’è da sperare che vengano difese le comunità che vivono sul territorio. La strada più giusta è sempre la difesa delle storie particolari contro le astrazioni e gli ideologismi.