Il contratto di governo Lega e M5S, a quanto risulta, include la cancellazione di principio di 133 miliardi di “grandi opere”: prima fra tutte la Tav verso la Francia. Il comitato di conciliazione fra i due partner di governo (l’esecutivo parallelo che agirebbe alle spalle del premier con modalità costituzionalmente dubbie) si accingerebbe a riesaminare a tappeto un centinaio di iniziative infrastrutturali, in parte pre-finanziate per 98 miliardi, altre realizzate a metà: ad esempio le due Pedemontane di Lombardia e Veneto, il gasdotto Tap fra Puglia e Albania, il terzo valico fra Milano e Genova, l’alta velocità feroviaria Brescia-Verona. il rifacimento della Ravenna-Orte. Non da ultimo, i grillini sarebbero orientati a tagliare con la scure il nodo gordiano dell’Ilva di Taranto: chiudendola. Con il silenzio-assenso di Matteo Salvini.
Dietro questa sorta di “luddismo infrastrutturale” non è difficile scorgere un classico moralismo antipolitico a buon mercato: il volto più mediatico di una vasta narrazione “anticorruttiva” in corso da anni, soprattutto attorno a Beppe Grillo. Primo compito dei nuovi governanti sarebbe quindi gettar via tutta la (vera o presunta) “acqua sporca” delle opere pubbliche e il modo più rapido sarebbe buttar via le opere pubbliche stesse. O almeno azzerare tutto quanto è stato impostato finora, magari con pura logica di spoil system amministrativo. Ma c’è dell’altro: più profondamente calato nel ridisegno della politica economico-finanziaria.
Tagliare la spesa pubblica per investimenti sarebbe pur sempre tagliare la spesa. E a saldi più o meno invariati – cioé a saldi tendenzialmente compatibili con gli standard Ue – verrebbero liberate risorse per finanziare spesa corrente: reddito di cittadinanza e flat tax, i rispettivi cavalli di battaglia elettorale di M5S e Lega. Una paradossale forma di “metodo” si intravvede, forse meno indegno di questo titolo dell’ipotesi di chiedere alla Bce di consolidare 250 miliardi di BTp. Ma è pur sempre il metodo dei vecchi cartoon in cui si chiedeva alle sturmtruppen se volevano burro o cannoni. Ora agli elettori di M5S – lontani mille chilometri dal Frejus – viene ventilato un sussidio annuo di 9mila euro, mentre a quelli della Lega viene sventolato un taglio delle tasse “maledetto e subito”, non importa se continueranno a fare un po’ di coda in tangenziale. La “quadra” finale – per usare un’immagine cara ad Umberto Bossi – non prevederebbe più l’uso delle cesoie contro “Roma ladrona”, ma l’esatto contrario: di spending review – sulla vera spesa improduttiva – non vi sono tracce o quasi nel “contratto”. Come di ulteriori privatizzazioni: piuttosto che rilanciare Ilva (o Alitalia) in partnership con investitori esteri – com’era sul punto di fare il ministro Carlo Calenda – meglio distruggerle. O forse subentrare tout court in vecchie gestioni clientelari.