NEW YORK — Questa specie di pensiero che mi accompagna in questi giorni è apparso (come spunto di coscienza) sabato e si è andato dipanando attraverso quel che sembra una fortuita e poco appariscente successione di eventi. Cosi ne scrivo, perché scrivendo riesco (di solito) a metter le cose in fila e a cavar fuori quello che non riuscirei a dire. Salutare con simpatia e custodire questi “pensieri improvvisi” è certamente cosa buona e giusta.
Tutto è cominciato sabato sera riguardando un vecchio filmato di don Giussani che parla di Leopardi. Meglio, di don Giussani che fa vivere Leopardi attraverso la sua ragione, il suo cuore, il suo temperamento e le sue parole. Tornato a casa mi sono trovato tra le mani l’ultimo numero di Time, la rivista. Numero speciale, “The 100 most influential people” — le 100 persone più influenti (del mondo). Comincio a sfogliare, con ancora in mente Leopardi: trovo Federer in copertina, il Dorian Gray del tennis, l’atleta che pare non invecchiare mai, e a seguire una rassegna di personaggi che mi risultano fondamentalmente (se non totalmente) sconosciuti. Martedì mattina poi, un inatteso ed imprevedibile editoriale di David Brooks sul NY Times. Brooks (conosciuto di persona al New York Encounter dove è stato nostro ospite nel 2017), è finito in Italia e ha “dovuto” scrivere di una scoperta fatta lì. Infine la sera qui a New York una conferenza allo Sheen Center, nel cuore culturale del Greenwich Village. E’ un evento annuale chiamato “Giussani Series on Faith and Modernity”, ed è una cosa pensata e creata come gesto di gratitudine verso Giussani, per conoscerlo e capirlo meglio, ma soprattutto per farlo conoscere, farlo conoscere meglio ed annunciare quello che lui per tutta la vita ha annunciato.
Perché il “filo” che lega questa banale successione di eventi è proprio lì, è tutto lì.
Sabato sera, già dalle prime battute dell’introduzione al poeta di Recanati, Giussani sembra mirare direttamente al mio stomaco di “sedicente anziano” per tirarmi una violenta gomitata. Col suo piglio cosi unico, anche se già visibilmente malato, attacca: “Sono vecchio ormai: non è l’obiezione di essere vecchi, è l’obiezione di essere immaturo, acerbo, cioè giovane. (…) È l’esatto opposto nel cristianesimo: più uno cresce, più diventa giovane, diventa più giovane e il piacere della verità e il dialogo con la verità, negli ultimi tre anni — almeno per me — sono stati più densi che negli ultimi trenta. Ed è giusto, perché, logicamente, se un frutto matura diventa sempre più se stesso … fino a quando non marcisce. Ma non possiamo fare questa ipotesi qui, perché lo Spirito non marcisce”.
Di li a poco, ve l’ho detto, mi ritrovo in mano Time, con Federer e tutti questi personaggi “influenti”. Comincio a leggere delle grandi cose fatte da questo e da quello, ma niente, neanche un’ombra di commozione, chessò, un brividino. Le storie non riescono neanche a farmi vibrare un pelo della barba, anzi, è come se tutto mi spingesse a sentirmi incapace, inutile. In altre parole vecchio. Quelli (a me sconosciuti) fanno cose mirabili, e io?
E così arriviamo alla liturgia del giornale, la mattina come sempre.
Toh, c’è un editoriale di David Brooks. Come sono solito fare quando il titolo non sembra dirmi abbastanza, provo a pescare da un capoverso qualsiasi. “Erasmo andò ad incontrare un noto sacerdote, don Luigi Giussani, che vedeva la fede non come un sistema intellettuale, ma come un incontro con la bellezza, una storia d’amore. Erasmo tornò da sua moglie e riferì: ‘Dio esiste. Ho incontrato qualcuno che è testimone della sua realtà’. Serena era incuriosita: Erasmo era l’ultima persona che avresti chiamato religioso. Ma alla fine entrambe le coppie si incontrarono con Giussani e tutti trovarono fede”. Non ci credo … ma è proprio Brooks?? Corro con gli occhi all’apertura del pezzo: “Alcune delle persone che generano il bene più grande sono disposte ad essere radicalmente cambiate. Sono sensibili ai problemi presenti attorno a loro, come tanti di noi, ma sono anche disposte a trasformare la loro vita per affrontare questi problemi, cosa che molti di noi non prendono in considerazione. Ho incontrato tante persone così in un posto in nord Italia, chiamato Cometa”.
M’è venuto un brivido. Insensibile come sono, eppure m’è venuto un brivido. Ma pensa te! Che cosa ha incontrato Brooks? Cosa ha visto, da dove gli è partito questo pensiero? Nessuno di quei 100 di Time abita dalle parti di Como. Eppure a Brooks, un altro di quelli che non chiameresti certamente “religioso”, è bastato un momento di semplicità dello sguardo per vedere un “qualcosa” che davvero “influisce” sulla vita di centinaia di ragazzini. Una cosa “bella”, bella davvero, l’incontro con la Bellezza e la Bellezza che si fa rapporto amoroso, che si fa compagna di cammino. Un “qualcosa” che c’è in lui, come in me ed in ogni essere umano, da sempre, magari sepolto da qualche parte e che attende di essere ridestato per renderci sempre più giovani.
Eccolo qua, quella specie di pensiero dominante che lega tutto, da Leopardi ai 100 di Time, da Brooks alla Cometa e che non smetterà mai di bussare alla nostra porta. Chi ne ha consapevolezza è invincibilmente giovane.