Si dice che Carlo Cottarelli abbia poche chance di diventare un premier legittimato dalla fiducia del Parlamento. Si vedrà. Ha invece chance sicure di essere un premier importante: anche se il suo mandato durasse pochi mesi.
La prima opportunità è una responsabilità pesante e urgente: governare un Paese il cui spread sovrano, ieri, è di nuovo balzato a oltre la metà dei 575 punti dell'”orribile” autunno 2011. Sempre ieri, tuttavia, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle sue Considerazioni annuali, ha detto che lo spread italiano votato dai mercati “non ha giustificazione”, una volta confermata la scelta dell’Italia di appartenere all’Eurozona. Toccherà a Cottarelli e alla sua compagine di ministri tecnici convincere nuovamente la Ue e i mercati che il secondo sistema manifatturiero d’Europa non può essere, non è affatto un Paese “fallito”.
L’Italia resta d’altronde il Paese della Ue a più alto debito relativo dopo la Grecia. Ed è un Paese fra i più problematici anche nella fiscalità corrente, assillata dal mix di evasione e pressione eccessiva e da flussi di spesa rigidi e inefficienti. Su questo secondo versante Cottarelli ha già lavorato come commissario governativo alla spending review (raccontò la sua esperienza anche al Meeting di Rimini 2015). Un’analisi gemella del debito pubblico a quota 130 e delle possibili misure risolutive avrebbe dovuto impegnare Cottarelli in una possibile fase due del suo incarico di commissario. E’ rimasto comunque un libro.
Ecco: il premier incaricato ha oggi la possibilità unica di riscrivere le sue raccomandazioni aggiornate su finanza pubblica, crescita, futuro dell’Italia nell’euro. Lo può fare dalla massima tribuna istituzionale del potere esecutivo; lo può fare redigendo strumenti portanti della politica nazionale e Ue come il Def o la legge di stabilità 2019. Più la sua “ordinaria amministrazione” saprà essere anche una “sessione straordinaria” di educazione politico-culturale per un Paese al bivio, un momento di preparazione seria al nuovo voto, più Cottarelli meriterà di essere ricordato fra i grandi primi ministri della Repubblica e dell’Italia unita. Più sarà giustificata, fra l’altro, la responsabilità istituzionale che il presidente della Repubblica si è assunto in prima persona, ritenendo che un governo M5S-Lega con Paolo Savona al Mef segnasse un passaggio di irrazionalità civile: una semplice e pericolosa reazione a una crisi italiana ed europea che pure va affrontata e risolta. Certamente non come vorrebbero i tecnocrati conservatori di Bruxelles, ma neppure come tentano di improvvisare i moderni mein kampf di politica monetaria.