Se c’è Dio, (anche) Marx torna al suo posto

In realtà Karl Marx era più capitalista di quanto si pensi, perché anche per lui l'unica risposta ai bisogni dell'uomo era di tipo economico. PIERLUIGI COLOGNESI

Sabato scorso cadevano i duecento anni dalla nascita di Karl Marx. Alcuni ne hanno parlato come di uno dei tanti idoli che la storia ha giustamente rottamato; non senza ricordare che in riferimento a lui e alle sue teorie (si pensi al marx-leninismo, maoismo, castrismo, khmer e molto altro) la storia ha visto impiantarsi regimi violenti come pochi altri. I nostalgici, invece, hanno versato qualche lacrimuccia sul fatto che il grande ideale di cui Marx sarebbe stato il vessillifero – la giustizia sociale, l’equità economica – non solo non si è realizzato, ma sembra non interessare all’uomo occidentale edonista, cyberdipendente, individualista e via di seguito con aggettivi più o meno dispregiativi.

In mezzo a tanto condannare o frignare m’è parso di maggiore interesse un intervento di Massimo Cacciari, Un dio chiamato Capitale, apparso su L’Espresso del 29 aprile. Non sono un filosofo e può darsi che alcuni elementi del breve saggio non li abbia compresi, ma la sostanza è chiara: Marx è stato soprattutto un filosofo, fedele al suo maestro Hegel, e il suo obiettivo è stato quello di costruire un “sistema” perfetto che spieghi ogni aspetto dell’esistente: in fondo si tratta sempre di trovare dio [significativamente minuscolo nel titolo]. Scrive dunque Cacciari di Marx: “La sua domanda è: quale potenza oggi governa l’Intero [maiuscolo] e come concretamente essa si esprime in ogni elemento dell’Intero?”. La risposta è: l’Economico [maiuscolo] che “rappresenta nel contemporaneo la potenza che mette all’opera il mondo. […] Ogni opera deve essere valutata sul metro del lavoro produttivo di ricchezza e ogni uomo messo al lavoro per questo fine”; non è forse una descrizione adatta anche al nostro presente? Che poi i detentori del Capitale [maiuscolo nel titolo: sta al posto di Dio!] si scontrino con coloro che hanno la forza lavoro è secondario, fa parte delle continue crisi attraverso le quali il dominio dell’Economico si afferma. Charles Péguy, che era lontanissimo dal marxismo, l’ha ricordato più volte: il dio del mondo moderno è il denaro; lo sapeva per esperienza diretta e quando si trovò sull’orlo della miseria più nera scrisse lucidamente: “Noi siamo oggi sotto il domino incontestato del denaro. Il denaro domina tutto. Il denaro comanda tutto” (20 giugno 1909).

Nella frase di Cacciari citata sopra ho messo dei puntini di sospensione che ora devo esplicitare: il mondo dominato dall’Economico è “il mondo della ‘morte di Dio'” dichiarata da Nietzsche. È chiaro: l’Economico domina perché ha scalzato dal trono ogni altra divinità, meglio: ha tentato di spegnere ogni dimensione religiosa. Marx ha potentemente contribuito a tale operazione: “La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore. Essa è l’oppio del popolo”, diceva. Ed invece il senso religioso è l’unica possibilità per non rinchiudere la vita in uno spazio dove il solo criterio di valutazione, il solo contenuto dei rapporto, il solo obiettivo delle fatiche sia l’Economico (o il godimento che con esso ci si procura, che è lo stesso). Si tratta di ribaltare le maiuscole: se c’è Dio, l’economico torna al suo giusto posto.

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