Per tornare a casa si può anche fare il giro del mondo, scrisse Gilbert Keith Chesterton. La storia di Chiara è un giro del mondo geografico ed esistenziale non ancora concluso. Ma che sa già molto di casa.
Quando sposa Luca ha subito il presentimento che la vita continuerà a stupirla e a spiazzarla. Per ragioni di lavoro si ritrovano a vivere lontani: lei a Torino, lui a Venezia. Nel cercare il modo di riunirsi, un giorno Luca le propone di trasferirsi in America. Non ha alcuna offerta di studio o lavoro, ma lui è fatto così, non ama appoggiarsi su sicurezze tranquille. Quindi cosa le propone? Di partecipare alla lotteria attraverso cui il governo degli Stati Uniti concede ogni anno, in modo totalmente casuale, un permesso di soggiorno permanente ai vincitori. Da tutto il mondo concorrono circa 15 milioni di persone. Luca è tra i 50mila vincitori.
La coppia parte, va a vivere in Florida da amici. Bisogna trovare un lavoro, il modo meno immediato, ma anche più lineare è quello di frequentare un master, che però va pagato con i risparmi fino a quel momento messi da parte. Luca presenta solo due domande e viene accettato in uno tra i più prestigiosi atenei, la Carnegie Mellon University di Pittsburgh.
Comincia qui la sua carriera d’oltreoceano che, come tutte le storie americane, è un viaggio fatto di successi e sconfitte. Il primo lavoro è al comune di Sacramento come It Security Supervisor. Dopo qualche tempo viene licenziato per politiche di contenimento dei costi; un nuovo lavoro come It Security Architect lo ottiene ancora a Pittsburgh e poi un altro ancora a Raleigh, in North Carolina, in una prestigiosa multinazionale finanziaria.
Intanto Luca e Chiara, giorno dopo giorno, imparano a conoscere il nuovo grande Paese che li ospita. E lui comincia a scriverne proprio sul Sussidiario. Luca è un uomo curioso, gli piace leggere e imparare, non ha paura delle sfide e quando non capisce qualcosa fa ricerche, studia o chiede a chi è più competente di lui.
Nel frattempo Chiara, oltre a fare e a disfare valigie, dà alla luce due splendide bambine (che oggi hanno sei e quattro anni). Nei primi tempi lavora in un ristorante italo-americano dove fa di tutto, dalle torte di mele alle pulizie. Intanto la famiglia cresce anche nella fede, frequentando le comunità di Cl di mezza America, coinvolgendosi con le diverse parrocchie e con i Cavalieri di Colombo… Tutti i giorni pregano insieme e non importa quale difficoltà debbano affrontare: pregando diventa loro chiaro che la realtà è positiva, che il loro compito è giocarsi fino in fondo con intelligenza e che al resto ci pensa Dio.
Poi arriva il quarantanovesimo compleanno di Luca, festeggiato con una cena fuori da tutta la famiglia. Tornati a casa, Luca sale al piano di sopra a mettere a letto una delle bambine. Chiara sente un tonfo: suo marito è morto sul colpo per un ictus. Cosa può fare una donna sola che perde improvvisamente il marito, in un Paese che non è nemmeno il suo?
Qui comincia la seconda parte della storia, che non è la fine della prima, ma il suo proseguimento. Innanzitutto Chiara scopre che Luca è una presenza che continua a imporsi per la sua positività, come dice in modo disarmante durante il funerale: “Ho sempre saputo che Dio mi voleva bene, perché mi ha dato Luca e gli undici anni vissuti con lui sono stati per me una Grazia. Ringrazio Dio per questo grande dono che mi ha fatto e sono certa che Luca ci protegge dal cielo”.
Sorprendentemente la vita continua a vincere da subito. Il giorno dopo il tragico evento, la bimba più grande ha una recita a cui si preparava da tempo. Chiara la porta a scuola regolarmente, l’affida alla maestra e solo alla sera dice a tutte e due le figlie che Gesù ha voluto con sé il papà perché era molto buono. Confiderà poi: “Non ho detto una bugia alle bambine, lo penso veramente”.
Da qui in avanti quello che succede è la sorpresa per una realtà sociale intorno a lei tutt’altro che individualista e indifferente. Un’amica conosciuta a Pittsburgh si mette in macchina la notte stessa, la raggiunge e sta con lei per una settimana. La sostituirà poi il marito, in pensione, che si fermerà con lei per un mese. La raggiunge, infine, anche una donna mai incontrata prima, mandata da un amico comune che sta in Italia. Pochi giorni dopo sembrano amiche da una vita. Altri da diverse comunità di Cl e dai luoghi dove avevano abitato volano a Raleigh solo per farle compagnia. Ogni giorno i vicini di casa si fanno vivi e un gruppo familiare originario dell’India prepara loro tutti i pasti. I colleghi di Luca organizzano subito una colletta per aiutare la famiglia.
La veglia funebre e il funerale sono un inno alla vita che continua, suggellato dalle parole di Chiara: “Non ci sono parole per consolare il mio cuore. Tuttavia rimane la certezza che la morte non è la fine, ma è l’inizio di una nuova vita. Alcune volte gli dicevo: ‘Ho paura della morte!’. Lui mi rispondeva: ‘E’ giusto perché sei attaccata alla vita e per te la vita è una cosa seria!’. Luca ci sta proteggendo e lo vedo attraverso le tantissime persone che stanno pregando per noi e attraverso lo sguardo delle nostre bambine. Per me questo è un miracolo”.
La dottrina cristiana insegna che la vita non finisce, per cui nel corpo misterioso di Cristo e della Chiesa chi è morto continua a vivere insieme a chi è vivo. Ricorda Chiara: “Spesso Luca mi diceva: mi sento molto fortunato, Dio è proprio buono con noi”. A un uomo buono e vero come Luca questo è evidente. A tutti gli altri rimane davanti agli occhi la speranza inaspettata che rinasce dopo fatti tragici e il miracolo di carità e di unità fra persone di tutti i tipi. Che è anche un suggerimento in questo momento storico spesso confuso e violento, quando non disperato.