Francia-Croazia, dov’è la grandeur?

L'italiano ha tifato Croazia. Davide contro Golia. Ma non ci è riuscito di prenderci la rivincita contro l'universo mondo per interposta squadra altrui. Peccato. MAURIZIO VITALI

Tristezza cupa della carne spenta. Non c’è riuscito di andare in buca neanche con il tiro di sponda. Per meglio dire, non ci è riuscito di prenderci la rivincita contro l’universo mondo per interposta squadra altrui. L’italiano ha tifato Croazia. Nella generale corsa a saltare sul carro del vincitore, il tifo per la Croazia fa tenerezza e onore. Davide contro Golia è il massimo della nostra speranza. A Salamina pregammo Giove e Minerva che le piccole navicelle greche mettessero nel sacco le mastodontiche corazzate persiane: fummo esauditi, e l’Europa fu. Al grido Delenda Cartago ci sentimmo noi stessi i rostri geniali delle imbarcazioni al comando di Caio Duilio contro la preponderante armata cartaginese. Lepanto: basta la parola. E siamo al Memento audere semper, Mas, invenzione latina di d’Annunzio sull’acronimo di Motoscafo Armato Silurante, il topolino contro l’elefante, protagonista e vincitore astuto della Beffa di Buccari. La Grande Proletaria s’è mossa. 

Proletaria, sì, la nostra nazione lo è davvero; grande lo è solo per licenza poetica socialista-pascoliana. Resta che nel ’34 e nel ’38, e poi nell’82 e poi nel 2006 la grande proletaria s’è mossa e gliele ha cantate a quegli altri. Adesso che ha perso l’autobus per Mosca, la Grande Proletaria s’è mossa in outsourcing. La piccola Croazia è la Grande Proletaria del calcio. Un paese di 4,5 milioni di persone, neanche mezza Lombardia; ragazzi nati che c’era la guerra, mica semolini viziati. Perfetti per rappresentarci contro le plutocrazie presuntuose, anglosassoni, ispaniche o carioca (uscite di scena per senescenza spirituale); e transalpine, arieccoli ‘sti macronici ipocriti che si permettono di dileggiarci, ‘sti zidanici che ci prendono i materazzi a crapàte.

Ecco, abbiamo sperato nei croati come in Bartali: quello per cui, a partire dal vittorioso Tour del 1948, “i francesi ci rispettano, e le palle ancora gli girano”; Bartali, “quel naso triste come una salita, quegli occhi allegri da italiano in gita” (Paolo Conte, cantata anche da Jannacci). I croati come Bartali: genuini, ruspanti come polli allevati a terra, tutti bei bianchi, tutti col cognome che finisce in -ic che è come una certificazione Iso 9000 di autenticità financo salviniana, come una nazionale lumbarda tipo: Brambilla, Colombo, Cattaneo; Rigamonti, Arrigoni, Citterio; Rossi, Ferrari, Villa, Castelli, Fontana.

Purtroppo Brambillic, Citteric, Ferraric e compagni non ce l’hanno fatta nonostante il pedigree.

Memento audere semper? Certo che sì. Anche se Audentes fortuna adjuvat, la fortuna aiuta gli audaci, è motto che ci attaccavano gli antichi romani, che però non si intendevano di foot-ball. In un’ora di brillante bel calcio gli audaci croati hanno tirato a casa poco; un’autorete per deviazione e un rigore, più la stanchezza per le battaglie supplementari, hanno fatto che la Francia avanzasse senza merito. La Madonna di Medjugorie, pur chiamata in causa, si è astenuta, rimettendosi al Var. Il rosario in tasca all’allenatore croato non portava scritto In Hoc Signo Vinces. Date alla Fifa quel che è della Fifa e a Dio quel che è di Dio.

Resta il fatto che tifare, gratis, per il debole contro il forte, segna l’esigenza che abbiamo, in fondo al cuore, di essere parte di qualcosa di più grande, bello e soddisfacente del quotidiano grigiore e delle quotidiane fantozziane meschinità e disillusioni. Aver tifato la perdente Croazia è stato come liberare il grido: “La corazzata Potemkin è una boiata pazzesca”. Te la qua, la grandeur.

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.