La grande kermesse si è conclusa, i mondiali di calcio sono finiti e le strade di Mosca e delle altre città russe tornano alla normalità, dopo settimane di un’insolita animazione. Insolita non per la quantità di traffico, che in particolare per la grande metropoli russa è la normalità di tutto l’anno, ma per l’atmosfera di festa e di simpatia che in questi giorni vi è regnata. A parte le tradizionali bevute e le manifestazioni più folcloristiche e pittoresche a cui si poteva assistere passeggiando in centro, dove la festa non sembrava interrompersi mai a nessuna ora del giorno e della notte, questi mondiali per molti russi sono stati l’occasione di un ripensamento rispetto alla visione dell’Occidente offerta negli ultimi anni dai media nazionali: una cosa è vedere il mondo in televisione attraverso i filtri della propaganda, altra cosa è incontrarsi con gente normale – tifosi arrivati da ogni parte, avere la possibilità di scambiare con loro qualche parola, vedere volti e ascoltare storie ed esperienze.
In molte persone ho potuto riscontrare la sorpresa nel vedere che il resto del pianeta non guarda la Russia con particolare ostilità, che la gente normale di altre nazioni e culture non è come la si dipinge spesso nell’informazione che circola normalmente nel paese. Anche per chi ha avuto negli ultimi anni la possibilità di recarsi all’estero (soprattutto nelle città di provincia, si tratta comunque di una minoranza), accogliere in “casa propria” degli stranieri è diverso: c’è la possibilità di mostrar loro le bellezze della propria terra, di cogliere le loro espressioni di stupore per quanto vedono o incontrano, insomma di riscoprire la propria cultura senza i complessi di inferiorità che continuano a paralizzare la Russia di fronte all’Occidente.
Certo, questo non significa che i mondiali non siano stati voluti e organizzati dallo Stato come un importante banco di prova per la sua credibilità, come un grande palcoscenico montato per ottenere una sorta di riabilitazione internazionale rispetto al conflitto ucraino, all’annessione della Crimea e alle sue conseguenze, e mostrare a tutti l’orgoglio di una Russia “ospitale, pacifica e attraente”: ne è una riprova il fatto che i russi si siano accollati quasi tutte le spese organizzative dei campionati, per oltre 14 miliardi di dollari. Non significa neppure che il governo russo non abbia cercato di anestetizzare la popolazione attraverso i mondiali sul problema dell’innalzamento dell’età pensionistica (senza per altro riuscirci), forse anche per compensare le spese complessive del rifacimento degli stadi e delle infrastrutture, costato complessivamente oltre 50 miliardi. In questa materia Putin ha mandato avanti Medvedev a fare i passi più impopolari e ha zittito molte proteste con il consueto pugno di ferro, anche se davanti alle forti manifestazioni di malcontento sviluppatesi in molti centri del paese sembra per ora avere fatto marcia indietro rispetto al provvedimento, già approvato in prima lettura dal parlamento.
Quello che c’è di nuovo e di diverso, rispetto agli obiettivi statali sui mondiali di calcio, è l’imprevedibile effetto di due mondi che si incontrano alla base, non in maniera mediata o virtuale, e possono confrontare questo incontro dal vivo con idee preconcette e stereotipi che si portano dietro.
Nel luglio 1957 Mosca – che a quel tempo viveva il disgelo chrušceviano – fu prescelta come sede del VI Festival mondiale della gioventù e degli studenti: fatto inedito per quel tempo, vi si riversarono quasi 40mila giovani di 131 paesi di tutto il mondo. Quelle due settimane di libera comunicazione tra persone divise da decenni dalla cortina di ferro non furono un fattore secondario per un potente balzo in avanti nella libertà di opinione tra le giovani generazioni, e per lo sviluppo del movimento del dissenso che avrebbe avuto nel paese, esattamente 60 anni fa, nel luglio del 1958, il suo inizio attraverso le letture poetiche ai piedi del monumento a Majakovskij.
L’impatto con la realtà – foss’anche attraverso un incontro che era stato organizzato dai partiti comunisti del mondo per contribuire all’accelerazione del cammino verso il “luminoso avvenire”, oppure attraverso un viaggio combinato tra amici per assistere alla partita della propria nazionale – ha sempre un fattore eccedente rispetto a quanto si era programmato. Perché la realtà ha sempre il potere di destare stupore e nostalgia. Come ha detto una decina di giorni fa una studentessa russa, in Italia per una scuola estiva di lingua italiana, durante l’assemblea finale di valutazione dei risultati: “Ma valeva la pena di venire fin qua e seguire il corso, in ultima analisi, per trovare le risposte alle domande sul senso della mia vita quotidiana in Russia?”. “Sì, credo proprio di sì”, ha concluso.