Agie, Marouen, Loubna, Abdoulaye, Josè, Dialla. Il nome esotico e il colore della pelle non devono trarre in inganno: benvenuti tra i nuovi italiani. Quelli che sono nati in Italia da genitori stranieri, e quelli che sono arrivati qui da piccoli e poi sono cresciuti in quello che considerano a tutti gli effetti il loro Paese: le nuove generazioni. I demografi parlano di una realtà che supera il milione e mezzo di persone ed è inevitabilmente destinata ad aumentare. Nelle scuole sono 815mila gli studenti stranieri, ai quali vanno aggiunti i molti che hanno acquisito la cittadinanza italiana da genitori naturalizzati.



L’Italia cambia pelle, essere italiani non è più soltanto una questione di sangue. Agie, laurea in economia, ha lanciato una ravioleria di successo nel cuore della Chinatown milanese e si considera “un milanese con la faccia cinese”. Abdoulaye è figlio di un venditore di accendini senegalese, è arrivato in provincia di Bergamo a cinque anni, oggi fa l’avvocato. Marouen, nato da una coppia italo-tunisina, frequenta il primo anno della facoltà di filosofia e sogna di fare qualcosa di grande per i piccoli dell’Africa. Sono i mattoni di un edificio in continua evoluzione, costruttori di una realtà multietnica dove le differenze sono valore aggiunto, portano un contributo, anziché essere guardate come fonte di polemiche.



Agie, Abdoulaye, Marouen e molti altri sono i protagonisti della mostra multimediale sulle nuove generazioni inaugurata al Meeting di Rimini del 2017, che nel formato itinerante è stata allestita in decine di scuole, centri culturali, paesi e città. Una sorta di “giro d’Italia” che continua tuttora e ha permesso di incontrare migliaia di giovani, ha visto nascere amicizie, ha creato legami, ha prodotto iniziative didattiche e culturali. È diventato, insomma, un movimento di vita.

Oggi pomeriggio se ne parla al Meeting di Rimini durante un incontro in cui prendono la parola sette persone che testimoniano i frutti di questa trama di rapporti nata nel segno della cultura dell’incontro continuamente evocata da Papa Francesco. Nei video che compongono la mostra prendono la parola giovani che esprimono il desiderio di essere protagonisti nella società multietnica, di portare un contributo originale, in cui il meglio delle tradizioni di cui sono figli si coniughi con i valori e le esperienze che hanno costruito nei secoli l’Italia.



Nel messaggio inviato al Meeting di Rimini, il presidente della Repubblica Mattarella scrive che “sostenere le proprie idee e affermare la propria identità non consiste nell’innalzare le barriere del pregiudizio e della contrapposizione irriducibile. Al contrario, è dal confronto, dalla consapevolezza che ciascuno, con il suo credo e le sue convinzioni, arricchisce il nostro essere persona che nasce la possibilità di rendere davvero umano il mondo”.

I giovani delle nuove generazioni sono una sfida e una risorsa per un Paese disorientato e diviso, che sta dimenticando la sua capacità di essere accogliente e inclusivo. Ripropongono le grandi, ineludibili domande su cosa significhi oggi essere italiani, sui fondamenti del patto di cittadinanza, su come sia possibile ritrovarsi uniti in una società dove convivono culture differenti.