Se una persona di certo geniale come Beppe Grillo sostiene che venire al Meeting significa farsi abbracciare dagli sponsor, vuol dire che qualcosa di gravissimo è accaduto e sta accadendo: la rottura della possibilità di una comunicazione semplice, tra umani. Si può essere su sponde diverse, ma c’è una curiosità che spezza il sortilegio dell’incomunicabilità. L’altro non è l’inferno, ma cerchiamo di non precipitarci dentro insieme.
Uno ha dei dubbi? Legittimo. Prima però di uccidere la reputazione dell’altro, applicare il metodo evangelico del vieni-e-vedi sarebbe gradito. Invece niente, non si fa, si usa la ruspa del pregiudizio. L’abrogazione dell’umano coincide con l’abiura dell’incontro. Papa Francesco ha evocato una specie di battaglia cosmica che accade senza che ce ne accorgiamo nelle nostre vicende quotidiane: “la cultura dell’incontro contro la cultura dello scarto”. Essere scartati è orribile, specialmente per il destino di chi scarta: perde qualcosa di essenziale, si toglie gli occhi, si fa cieco.
Mi riferisco alla lettera di ieri uscita sul Fatto Quotidiano a firma Beppe Grillo. Tratta i ragazzi che sono qui come schiavi stupidi, chi li ha chiamati qui come accalappiatore di cani morti. Mi spiace moltissimo. Un giorno Oriana Fallaci mi aveva chiesto di chiamare a suo nome Grillo, e di dirgli che lo stimava tantissimo per le sue posizioni che le parevano oneste e pure contro gli abusi nella genetica umana. Diceva che avrebbe gradito incontrarlo, ma si aggravò e morì prima. Con molta gentilezza Grillo mi rispose: “Ringrazi la signora”. Mi colpì anche quando, per elogiare i suoi, li paragonò al silenzio dei ciellini che camminavano in gruppo per entrare nei palazzi degli esercizi spirituali. Uno che guarda e vede. Si fa così. Allora perché scarta e chiede ai suoi di scartare una possibilità? Ci sono gli sponsor, e allora? Una manifestazione culturale è come una squadra di calcio: non si valuta dal nome della réclame sulla maglietta. Non è da questi particolari che si giudica un Meeting, ma dall’altruismo e dalla fantasia. Questa è copiata da Francesco De Gregori. Che ha cantato anche “Guarda che non sono io”. Non siamo noi quelli che tu attacchi senza conoscere.
Al Meeting una cosa è formidabilmente visibile, palpabile, penetrante il cuore di chiunque ci metta piede. La gratuità. Gratis. Vuol dire grazia. La storia dei 2400 che si pagano la permanenza, la maglietta, il pasto, e fanno turni di otto ore ai parcheggi, a pulire, a servire da mangiare, alle casse delle focacce, ad accompagnare gli ospiti, è una costante nei ricordi. Giustamente è sempre ricordata. Ma vale il discorso che il Papa ha ricordato per i migranti: non sono numeri. Ciascuno di quei 2400 ha una storia che lo ha portato qui. E lo fa aperto, generoso, gentile. E’ incredibile ma non esiste uno solo – ateo, cattolico, ebreo, comunista, cinese, cantante, comico (anche comico) – che non abbia detto: questa è una cosa dell’altro mondo. Perché? Non desta curiosità questo?
La gratuità di questi ragazzi, parecchi anche dai capelli bianchi, non è esibizione di sé, qualcosa che rimanda a una bravura personale, che comunque già sarebbe un miracolo, ma per rendere facile e bello entrare in un luogo (contingentemente la Fiera di Rimini) dove il centro di gravità sono le domande che ci accompagnano dall’adolescenza, e a cui, volenti o nolenti, diamo risposte con la nostra vita pratica. Gli interrogativi sulle forze che muovono la storia, le forze che rendono felici. Il caso serio di ogni vita. Cosa c’è di più interessante che vedere queste domande affrontate non in astratti conciliaboli filosofici ma dentro i bisogni, le scienze, i libri, l’economia, la religione? Dentro tutto!
La gratuità dei ragazzi (che si avvale del sostegno di sponsor), è data per offrire gratuitamente all’Italia, anzi al mondo intero, l’avvenimento di umanesimo tangibile, di ricerca in atto, di dialogo in corso, più imponente per quantità e singolare per qualità d’Europa.
Anche se sono sull’elenco di reietti compilato meticolosamente da Marco Travaglio, anzi proprio per questo, oso invitarti personalmente per l’anno prossimo. Gratis. Ti pago io l’hotel, Beppe. Sarei felice incontrassi qualche volontario più serio di me, o qualcuno che darebbe la vita, e si cava i propri soldi, energie, tempo dalle tasche e dalle budella per consentire di percorrere insieme qualcosa che è molto più prezioso di un’autostrada, e tutto senza pagare pedaggio. Qui qualcuno ha e — a Dio piacendo — avrà qualcosa di molto serio e molto bello da comunicare.