L’Italia non riesce a crescere, conferma l’Ocse. E in un Paese in cui il Pil non ritrova il ritmo tutti i parametri vitali socio-economici restano fuori linea: per l’Italia anzitutto l’occupazione e la sostenibilità del debito pubblico, ma anche la visibilità nelle vetrine degli investitori internazionali. Ed è in un Paese che ha perso il senso della crescita, fra l’altro, che nessuno investe più neppure nella manutenzione delle infrastrutture e molta gente si autoconvince che i migranti portino via pane e lavoro, siano un problema e non una potenziale risorsa. In un Paese fermo sull’orlo del declino, anche la democrazia soffre e le istituzioni operano con più fatica, con meno efficacia ed autorevolezza interne ed esterne.
L’Italia può crescere, deve crescere. All’ultimo Meeting di Rimini è stato il filo rosso di un confronto che ha avuto una pluralità di momenti chiave: un percorso ininterrotto, in particolare, a Mesharea, l’innovativa piattaforma di matching di esperienze di “lavoro 4.0”, di imprenditorialità glocal, di economia della conoscenza. Leader industriali come Massimo Carboniero di Ucimu, banchieri come Stefano Barrese di Intesa Sanpaolo, sindacalisti come Angelo Colombini della Cisl, autentici imprenditori “4.0” come Mauro Prina che a Los Angeles si occupa di voli spaziali o Marco Mora, consulente tecnologico di grandi gruppi cinesi: ai giovani che hanno affollato gli incontri non è stato lasciato il tempo di dubitare che la ripresa sia conquistabile; che essa non sia fatta di cifre macro, ma di infinite iniziative micro personali che in Italia si possono ancora tentare e realizzare. Un’Italia in cui le scintille fra education e produzione, fra impresa e lavoro, fra economia e società possono tornare a scoccare come un tempo.
Durante uno degli incontri più seguiti al Meeting, il leader di Confindustria, Vincenzo Boccia, si è spinto a domandarsi se in Italia la maggioranza degli elettori non voterebbe un “partito del Pil” che invece in Parlamento non si vede affatto rappresentato. E – dialogando con la leader della Cisl, Annamaria Furlan – ha confermato che le parti sociali proseguiranno un confronto diretto per un nuovo “patto della fabbrica” nell’attesa e soprattutto nella speranza che anche il governo dia segni di impegno reale sul tema della ripresa (finora una metà della coalizione è parsa preoccupata solo di respingere i migranti, l’altra di picconare le riforme del mercato del lavoro; tutt’e due di raddoppiare lo spread rispetto a prima del voto con slogan assortiti sui conti pubblici e sull’euro). All’Azienda-Paese che vuol ritrovare la ri-crescita serve un vero “governo del Pil”. E la prova è subito: con la legge di stabilità 2019.