Chi riguarda la questione del legame tra Chiesa cattolica e pedofilia, tristemente riemerso agli onori delle cronache in queste ultime settimane? È affare del Papa? Di alcuni pavidi Vescovi? Oppure riguarda solo gli uomini coinvolti? O i piccoli abusati? Il sistema mediatico sembra essere concepito per raccontare quotidianamente misfatti che riguardano altri: il giornalismo si occupa di mettere il lettore o l’utente dalla parte dei buoni, alla caccia dei cattivi. Sacerdoti, cardinali e papi diventano incarnazione di un male che, scomparsi loro, pare possa avere la seria speranza di essere eliminato.
La verità è che la questione della pedofilia riguarda tutti, nessuno escluso. Essa ha a che fare anzitutto col nostro modo di rapportarci al dolore degli altri: intere famiglie reclamano giustizia per le ferite mortali loro inferte da uomini che dichiaravano di servire Dio e queste urla di dolore sono invece usate da parte del mondo cattolico non come monito e invito alla penitenza, bensì come prova della bontà dei loro pregiudizi sulla Chiesa, sul Papa, sulla dottrina.
Al posto di provare vergogna e implorare perdono per il dolore che una parte dell’unico corpo ha provocato a molti, ci si difende mettendo in evidenza tutto il bene che fa la comunità cristiana, quasi che infinite azioni buone potessero in fondo giustificare un crimine.
Il legame tra pedofilia e Chiesa riguarda quindi il rapporto di ogni credente col potere: quante volte la “missione divina”, la “causa”, il “buon nome” di una parrocchia, di un ordine religioso, di una comunità o di un movimento ha prevalso sulle regole, sulla dignità e sulla storia delle persone, trasformando lordure e meschinità in “trascurabili” danni collaterali? Quante volte un senso di impunità ha circondato big e guru del momento, rendendo le coscienze dei singoli sorde all’imperativo evangelico della responsabilità e dell’amore?
Il legame tra pedofilia e Chiesa cattolica riguarda infine ogni credente che crede di potersi lasciare alle spalle gli errori commessi, i propri peccati, in virtù di un’autoassoluzione collettiva, imposta dalla necessità di sentirsi sempre tra i giusti e dal superiore potere purificatore di una Misericordia usata non come strada di consapevolezza, ma come arma di banalizzazione delle più tetre scelleratezze.
Non esistono i pedofili e gli altri: non si può sperare di ridurre l’urlo del Papa a un ridicolo dibattito su pedofilia e omosessualità, su pedofilia e celibato sacerdotale oppure ad uno scontro di politica interna dentro una Chiesa che va perdendo il senso del sacro in nome di una crescente mondanizzazione del confronto e del dialogo fraterno. La questione del legame tra pedofilia e Chiesa cattolica sta per aprire scenari inediti che vedranno il precipitare inesorabile della credibilità della Chiesa, la probabile quasi estinzione del cattolicesimo in molti paesi del mondo, l’apertura di un dibattito sempre più necessario sui seminari, sulla sessualità, sul rapporto tra fede e desiderio.
La Chiesa è alla vigilia di una lacerante purificazione dove sopravviverà non chi si schiererà dalla parte giusta, ma chi coltiva valide ragioni per continuare a credere, chi conserva l’amicizia reale con la Presenza di Cristo. Quando saranno scomparsi tutti i motivi sociali e politici per essere cattolici, rimarrà soltanto la fede come unico movente dell’adesione del cuore e dell’intelletto al corpo di Cristo.
Ma è di questo che nei giorni della bufera e degli scandali meno si sente parlare: di Cristo e della Grazia che tutto può cambiare e far rifiorire. Dimenticando che questo è davvero il tempo dell’Io, il tempo in cui ciascuno è chiamato ad un lavoro personale di verifica della fede, il tempo della persona.
Il legame tra Chiesa e pedofilia riguarda allora la nostra speranza, il nostro modo con cui anche oggi scegliamo di guardare e di giudicare tutto. Cercando ragioni per la nostra verità oppure sperimentando una Verità capace di riempire di ragioni tutta la nostra vita, tutta la nostra libertà, tutto il nostro bisogno di fidarci. E di tornare, semplicemente, a seguire.