Gli italiani che ne sanno dell’Italia? Dicono: meno di quanto sanno gli altri europei del loro Paese. Mah. Più interessante di queste poco attendibili classifiche, è considerare che cosa conoscono e che cosa no. Ci dà spunti interessanti un recente sondaggio Ipsos, condotto in 38 paesi, che su una trentina di questioni mette a confronto il dato reale con quello che emerge dalle opinioni degli intervistati. E’ stato pubblicato la settimana scorsa sul Corriere della Sera, sotto forma di quiz rivolto al lettore con le “soluzioni” scritte capovolte e in piccolo a fondo pagina (stile Lo sapevate che …della Settimana enigmistica, che ormai è rimasta una delle poche fonti di acculturazione). Interessante dei risultati del sondaggio è questo, che su una serie di dati gli italiani ci azzeccano molto bene, su un’altra serie toppano alla grande.
Sul primo versante, l’Italia che gli italiani hanno in mente è un paese di 60 milioni di abitanti, destinato a diventare di 65 milioni fra 20 anni, composto per quasi tre quarti da cristiani, destinati a campare sino ad 80 anni, con un po’ meno della metà delle donne che lavorano (donne che occupano un quarto dei seggi parlamentari), con circa tre quarti di cittadini che posseggono internet e con un parco di veicoli immatricolato pari a 80 ogni cento abitanti, e quattro sovrappeso se non obesi ogni dieci. In effetti, è così. Si campa, via, con internet, due auto, la pancetta e credendo più o meno in Dio.
O meglio, si camperebbe. Perché poi c’è l’altro versante. Gli italiani hanno anche in mente l’altra faccia della luna (ed è qui che toppano piuttosto di brutto quanto meno sulle dimensioni dei fenomeni), che rovina la quiete: un’Italia fortemente islamizzata, vecchia, diabetica, con metà della gente disoccupata, una gioventù sfigata e pressoché senza speranza, ragazzine che si fanno mettere incinta ogni due per tre, gente ammazzata dai criminali o dai terroristi in costante aumento. Un’Italia, chissà perché, con moltissimi laureati.
Non è esattamente così. Secondo gli intervistati in Italia è musulmano un abitante su cinque e fra una dozzina di anni lo sarà un abitante su tre (mentre ve n’è uno ogni 25, e se ne prevede uno su 20). I disoccupati sarebbero il 49% , mentre sono il 10,4%. I giovani che non studiano, non hanno e non cercano lavoro sarebbero il 51%, mentre sono il 25% (non pochi, ma comunque un quarto invece della metà). I diabetici grazie a Dio non sono il 35% immaginato ma il 5%. I laureati ahimè il 15% e non il 38% del sondaggio. La ragazze tra i 15 e i 19 anni che partoriscono sono, in un anno, non una su sei, ma una su duecento. Il raffronto fra gli ultimi 15 anni e i 15 anni precedenti mostra che gli omicidi, sia per criminalità, sia per terrorismo, sono diminuiti.
Notevole è il fatto che le cose di cui abbiamo un’idea più vicina alla realtà sono quelle che contano come il due a briscola, mentre quelle di cui abbiamo un’idea sballata o quantomeno esagerata sono quelle più sensibili e determinanti stati d’animo, comportamenti e financo opzioni politiche. In fin dei conti si possono ridurre a due problemi: l’immigrazione e la disoccupazione. Problemi reali, intendiamoci, ma in cui l’impressione delle cose occupa lo spazio della conoscenza. Non è un caso che proprio su questa impressione delle cose si basi la caccia al consenso dei due partiti al potere.
E’ ipotizzabile che alla radice di questo scarto tra realtà e opinione ci siano due fattori. Il primo è che spesso amiamo trovare conferma di quello che ci piace pensare: una scissione tra sapere e credere, vale a dire il pregiudizio, che certo uso “tribale” dei social favorisce ed enfatizza. Il secondo è che crediamo a quello cui veniamo indotti a credere dai mezzi di comunicazione (mai numerosissimi e mai univoci come oggi): non per chissà quale disegno o complotto o fake news, ma per la semplice prevalenza di questo o quel tipo di notizia, per cui inconsapevolmente generalizziamo il fatto eclatante che ci viene raccontato. I vecchi cronisti dicevano che è notizia non che un cane abbia morso un uomo, ma che un uomo abbia morso un cane. Fatto rarissimo. Ma se per cinque volte in apertura dei tg troviamo questa notizia, finiamo per credere che adesso gli uomini mordono i cani.
L’analisi dovrebbe ovviamente essere meno grezza, ma tanto basta per darci un’idea di come siano in fondo banali ma insidiosissimi gli strumenti del potere. Che ama non la “conoscenza”, ma “l’impressione delle cose”. Ama il pregiudizio: “Quanto sa, gli impedisce di sapere”, annotava lo scapigliato milanese Carlo Dossi, e persino di accorgersi che “continuamente nascono i fatti a confusione delle teorie”. Ama la non conoscenza, perché, come disse Che Guevara, “un popolo ignorante è un popolo facile da ingannare”.
E visto che siamo in vena di citazioni, eccone — a mo’ di post-scriptum — una di Winston Churchill: “Date un briciolo di potere a un idiota e avete creato un tiranno”.