L’albero e il muro

Il muro che Trump vuole costruire al confine con il Messico (e per il quale non ha i soldi) ha cancellato in un attimo le luci del Natale

NEW YORK — “It’s the most wonderful time of the year…”, è il tempo più bello dell’anno … così dice una delle più popolari tra le tante canzoni natalizie che girano nell’aria, quelle che riempiono con le loro note festose e parole benevole tutti i negozi, i supermarkets, gli shopping malls, gli atri dei grattacieli, le poche piazze che esistono in questo paese e milioni e milioni di case d’America. Compresa la nostra. Certe volte mi chiedo come ho fatto a vivere quasi quarant’anni senza Christmas music! Beh, non proprio senza ma quasi, rispetto a quanta ce n’è qui. C’è una bellezza unica, speciale nei canti di Natale, e credo che la ragione sia molto semplice: perché sono nati come colonna sonora di qualcosa di unico, speciale, anzi, di straordinario. C’è bellezza in tutti, dai Carols della tradizione a Jingle Bells, dai brani esplicitamente e profondamente religiosi a quelli laici pieni di buoni sentimenti, perché Natale nonostante i mille orpelli è Natale, e dal Natale non può nascere nulla di profano. Non mi sembra profano neanche quel decorare le case (a volte in maniera sconsiderata) mettendo Biancaneve e i sette nani, Charlie Brown, Snoopy e pure Topolino a tener compagnia al bue e all’asinello in uno sfolgorio di luci da luna park. Farà sorridere, sarà “esteticamente e teologicamente discutibile” (talvolta, francamente, si tratta proprio di obbrobri), ma, come dire, ognuno festeggia com’è capace, ma è bello che si festeggi! Ognuno esagera a fin di bene come può! E a Brooklyn, che è questo vivissimo guazzabuglio di quasi 200 etnie, si festeggia anche così. E ci sta pure che arrivino camionate di curiosi e turisti per vedere tutta questa fantasmagoria stagionale. è sempre parte del “most wonderful time of the year”. Non si sa più perché, ma è festa.



Ma “the most wonderful time of the year” se ne viene, sta con noi un pochino e se ne va.

L’altra sera, da poco rientrato a New York dal Minnesota, mi sono trovato a passare in centro città, al Rockefeller Center, il cuore pulsante della City e del Natale metropolitano. Ci sono arrivato lateralmente, attraversando una Fifth Avenue ormai spogliata di tutte le sue scintillanti decorazioni e percorrendo un tratto di 51th Street. Così, svoltato a sinistra, la vista dell’albero mi ha colto di sorpresa. Non me l’aspettavo ancora acceso, con le sue 30mila luci colorate e quella enorme stella bianca a fargli da pennacchio. Ero convinto l’avessero già smontato, impacchettato e portato chissà dove come avviene in un battibaleno per tutto il resto degli addobbi natalizi. Il 2 gennaio in America è un po’ come la mezzanotte di Cenerentola che si porta via tutto. Ed invece l’alberone se ne stava lì.



Agli occhi di un bambino però sarebbe sembrato triste. Se fossi capace di scrivere favole per bambini ne scriverei una su quello che ho visto ieri sera: un albero alto alto, luminoso come il sole, con in cima una stella bella e grande come la luna, solo soletto, in silenzio. La musica che per settimane gli aveva tenuto compagnia non c’era più e anche la gente era diventata distratta, nessuno lo guardava… “il tempo più bello dell’anno” se ne era ormai andato. La favola poi si farebbe drammatica perché tirato giù l’albero, al suo posto degli uomini volevano costruire un muro per impedire ad altri uomini di venire nella loro città. Il “Capo di tutti gli uomini” voleva così e continuava a dirlo a voce alta a tutta la nazione…

Questa purtroppo non è una favola, ma è quello che ieri sera Trump ha cercato di farci digerire.

“The most wonderful time of the year” sembra già lontano anni luce. Se n’è andato così, senza lasciar traccia? Se ne va la musica, se ne vanno le luci, le decorazioni, l’albero, e tutto diventa spoglio. All’improvviso tutti i segni di qualcosa che scaldava misteriosamente il cuore se ne vanno. Restano solo segni di una presenza assente. Ma anche con un muro al posto di un albero ed il silenzio (o il rumore) al posto del canto niente può toglierci di dosso quel senso di struggimento, quel senso di mancanza che chiede di essere riempita. Poco o tanto lo capiamo tutti perché tutti siamo fatti per quella promessa. La promessa che si compie in quel tempo più bello dell’anno.

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