Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, è a fine mandato e – riferiscono le cronache politiche – sarà sostituito senza esitazioni dal governo M5s-Lega. Non gli viene imputata una cattiva gestione dell’istituto, quanto principalmente un’ampia riflessione di “economia dei migranti” messa nero su bianco nell’ultima relazione annuale dell’Inps, pubblicata la scorsa estate. Cifre e analisi elaborate di Boeri sono per questa ragione nuovamente d’attualità sui media e nel confronto politico.
Il passaggio-chiave continua a ruotare attorno a un numero: 38 miliardi di euro. E’ questo lo sbilancio negativo stimato nel 2040 per il “primo pilastro” della previdenza pubblica in caso di blocco dell’afflusso di lavoratori extracomunitari. Nella “simulazione Boeri” l’Inps si troverebbe a perdere fra vent’anni 73 miliardi di contributi, mentre sarebbe alleggerita di soli 35 miliardi di prestazioni a lavoratori immigrati (la cui età media è di oltre 10 anni più bassa di quella dei nati in Italia).
Già nel 2017 – ha calcolato la Fondazione Leone Moressa – i 2,4 milioni di occupati non italiani (il 9% del totale) hanno generato un flusso di contributi previdenziali vicino ai 12 miliardi, a fronte di erogazioni complessive (pensioni e assistenza sociale) di poco superiori ai 3 miliardi. Nello stesso esercizio il bilancio dell’Inps è tornato in disavanzo per circa 4 miliardi, dato previsto in accentuazione nel budget 2018 (5,4 miliardi): in attesa che i conti 2019 e seguenti assorbano le ripercussioni del varo previsto delle pensioni a “quota 100” (principalmente a favore di occupati nati in Italia) e del pacchetto “reddito di cittadinanza”.
Boeri, dal canto suo, ha sottolineato come il Fondo monetario internazionale stia focalizzando gli impatti migratori verso l’Italia da una prospettiva molto diversa da quella di un presunto boom-emergenza. E’ stato fra il 2007 e il 2009 che – tabelle Istat alla mano – gli stranieri residenti in Italia sono aumentati al ritmo netto di 400mila all’anno. All’inizio del 2018 i 5,14 milioni di stranieri residenti in Italia erano solo 100mila in più rispetto a dodici mesi prima. E sempre secondo l’Fmi, se i flussi immigratori dovessero rimanere “deboli”, nel 2045 in Italia si raggiungerebbe la parità (insostenibile) di un lavoratore per ogni pensionato.
Per quanto centrale, il dossier previdenziale è solo uno di quelli che – in questa fase – contrappongono in Italia la statistica applicata ai modelli economici e le posizioni politiche anti-migratorie. Nel 2017 l’8,7% del Pil italiano è stato prodotto da non italiani – di cui 690mila nel ruolo di imprenditori – e quei 131 miliardi sarebbero la 17esima economia della Ue (più grande di Slovacchia o Croazia). Questo pezzo di Azienda-Italia ha contribuito al gettito fiscale per 3,3 miliardi. Sono tutti dati in ascesa e tutti dati la cui potenziale frenata – provocata da arresti bruschi e forzati dei flussi immigratori – avrebbe sicuri impatti sui macro-numeri di un Paese premuto dalla crisi demografica come tutti quelli cosiddetti avanzati nella Ue.
L’Istat continua a essere chiara nei suoi scenari: la probabilità che la popolazione italiana (oggi di poco superiore ai 60 milioni) aumenti da oggi al 2065 è pari solo al 9%; la stima mediana punta su 59 milioni, ma non mancano ipotesi estreme di crolli anche sotto quota 50 milioni.
Per molto meno, il premier sovranista Orban è già sotto pressione in un’Azienda-Ungheria che finisce per obbligare i “prima-gli-ungheresi” a crescenti turni di lavoro straordinario in fabbrica o in ufficio.
E anche nella Germania scossa dai fermenti xenofobi, il cancelliere Angela Merkel è riuscita a tenere annodato il filo della contestata apertura delle frontiere a un milione di profughi siriani. Per quanto indebolita, la coalizione di governo ha deciso poco prima di Natale un nuovo allentamento della politica dei visti: chi ha un lavoro (o lo sta cercando e ha un sostentamento) e una conoscenza minima del tedesco potrà rimanere in Germania per sei mesi in attesa di regolarizzare definitivamente la sua posizione. La “Deutschland AG” ha bisogno di più di un milione di lavoratori, in tutti i ruoli. E contro questa realtà anche i peggiori “fake” anti-migranti saranno sempre perdenti.