L’enfant prodige è tornato a casa. Il Bambino-prodigio è ritornato al suo paese: “Venne a Nazareth, dove era cresciuto”. Il paese è sottosopra dalla gioia, i paesani tutti in visibilio, la voglia di ascoltarlo, di toccarlo è alle stelle: “È dei nostri, guarda strada ha fatto. Chi l’avrebbe detto: pensare che è partito con suo padre, lavorando il ferro”, bisbiglia la gente a bordo-strada mentre l’attende. Lui – sangue da condottiero a scorrergli nelle vene – torna là, dov’era partita la sua storia: Nazareth è terra ai bordi, Lui è Uomo di provincia. Vuole a tutti i costi che la sua scalata verso l’uomo inizi dai suoi, dalle menti bestiali di casa sua: è sua volontà che le bestie diventino santi. Strisciare sulla terra è essere bestia, guardare il Cielo, desiderandolo, è santo.
Com’è nato, a Nazareth, lo san tutti: il mistero di quella ragazza – dopo tre decadi come dopo due migliaia di anni – è ancora sulla bocca di tutti. Lui torna per spiegare il perché di Lui, del suo essere nato e venuto al mondo: “Per portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; e rimettere in libertà gli oppressi”. In tanti, prima di Lui, avevano fatto promesse: la profezia – nella grammatica della Scrittura – è una promessa che odora d’affidabilità. Anche Lucifero è abile nel promettere: “Che promesse grandi che mi fai! È per deluderti meglio!” Nessuno promette in-grande come lui, perché “nessuno promette tanto come quello che non manterrà” (F. Quevedo). Una promessa di ieri che non è stata mantenuta è una tassa in più da pagare oggi. Lucifero lo sa bene: Cristo lo sa molto bene.
Più che fare promesse, dunque, Cristo mantiene le premesse. Ch’erano di una semplicità folle, bambina, quasi difficili solo da credersi: “Chi cadrà vincerà. I bocciati saranno tutti promossi”. Siccome tardavano ad avverarsi, pensavano fossero tutti spot-elettorali, goliardate di ciarlatani in erba. Un giorno, poi, Gesù tornò al suo paese: prese la rincorsa per far fare il grande salto verso l’alto. Qui, proprio qui, le nuvole si fanno pioggia: “Una promessa è una nuvola – recita un proverbio arabo -; l’adempimento è la pioggia”. Pioggia a catinelle a Nazareth: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (cfr Lc 1,1-4; 4,14-21). Cristo, agli amici, non ha fatto promesse, ha semplicemente mantenuto le premesse: mostrò che era Lui la persona giusta. Tutti s’impaurirono, chi più chi meno: aver un Dio così vicino, averlo veduto nascere-crescere-farsi la barba, saperlo dirimpetto a noi è cosa più paurosa d’immaginarselo lontano, inarrivabile, barba lunga. Che poi, a pensarci bene, l’annuncio era sconcertante per troppa magnificenza: “E se tutti noi fossimo sogni che qualcuno sogna, pensieri che qualcuno pensa?” scrive il poeta Ferdinando Pessoa.
Piovve a dirotto, quando tutti erano senza ombrello: le parole, quelle che oramai parevano vecchie filastrocche senza più musica, di getto si tramutano in danze conturbanti, volti scolpiti, terre infiammate: Dio è un povero, s’è fatto galeotto per amore, ci ha rimesso la vista. È un oppresso. “Noi pensavamo d’essere amici d’una persona famosa: basta più code agli sportelli, tutti-raccomandati, amici del potente. Che fregatura!”: a Nazareth son quasi tutti delusi. Un Dio così porta-a-porta mica se l’aspettavano, davvero: giunti a questo punto, era meglio quando si stava peggio. La promessa, quand’è mantenuta, è sempre a forte rischio di delusione: il Dio sognato è quasi mai il Dio che appare.
Manco i bocciati – la gente tutta guasta, i galeotti infami, i puzzolenti delle spazzature – se l’aspettavano una notizia del genere: “Tutti promossi!” Mica era immaginabile un Potente così: nato apposta per loro, Dio-sarto a domicilio, un protettore dagli assalti dei raccomandati. Era come se i loro sogni di rivalsa, che si erano accartocciati, ripigliassero vita e colore: profumo di bucato al posto del fetore di fogna. Amareggiò i paesani convinti di avercelo in tasca: in compenso accese la luce negli scantinati. Vuol mostrarsi al mondo così: che nessuno dica d’essere amico di Dio bruciando la fila. Sfruttando la corsia d’emergenza.