Sappiamo che la finanziaria 2020 sarà circa di 30 miliardi e di questi ben 23 sono destinati ad impedire che scattino le clausole che ci costringerebbero ad aumentare l’Iva.

Della parte restante sappiamo che solo 2,1 miliardi saranno destinati alla misura riconosciuta unanimemente più importante per la nostra economia, e cioè la riduzione del cuneo fiscale, in altre parole il taglio delle tasse che pagano circa 23 milioni di lavoratori dipendenti. Misura che restituisce reddito ma anche invoglia ad investire e creare lavoro.



Al netto di queste poche e crude cifre poco si sa e ancor meno si discute di quanto ci costano quelle che possiamo definire le misure “identitarie” delle manovre precedenti (2014-2019).

Per provvedimenti “identitari” possiamo intendere le bandiere dei governi passati, o se preferite, i “cadeaux” che questi governi hanno offerto ai rispettivi elettorati. In particolare i famosi 80 euro del governo Renzi, il Reddito di cittadinanza voluto dai grillini e Quota 100, la bandiera di Salvini e del suo movimento.



Da un rapido conto, a pieno regime, i tre provvedimenti sopra citati costano ai contribuenti italiani circa 33 miliardi all’anno: 8,1 miliardi il reddito di cittadinanza, 9,2 gli 80 euro e ben 16 miliardi Quota 100.

Anche i contributi per Industria 4.0 che ammontano a circa 4 miliardi, come risulta da un recente studio, vanno per oltre il 70% alle 3 regioni più sviluppate (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) e alla grande impresa del Nord.

Se poi andiamo a leggere i dati resi pubblici – ma di cui ci si è guardati bene dal dare il necessario risalto mediatico – in un importante seminario del Sottocomitato per la programmazione nel mezzogiorno 2014-2019, lo scenario diventa abbastanza grave e allarmante. Dalla rendicontazione fatta dei soldi che erano a disposizione dell’Italia per Pon e Por (pari a 55,2 miliardi) risulta che sono stati impegnati (cioè richiesti con progetti) solo 17,7 miliardi (pari al 32%) e sono stati realmente spesi solo 7 miliardi (pari al 12,62%).



Per il Mezzogiorno il dato è ancora più sconfortante, perché a fronte di un impegno ancora più basso (solo 9,2 miliardi su una disponibilità di 33,7 miliardi) sono stati effettivamente spesi in cinque anni solo il 10,87 dei Pon e il 7,69 dei Por.

Conclusione: risulta evidente che mantenendo tutte le cose ferme e al proprio posto si danneggia il Mezzogiorno e lo si rende ancora più povero ed emarginato.

Al netto del Reddito di cittadinanza (che raggiunge circa 910mila famiglie meridionali) poco o nulla è destinato alla voce investimenti nel Sud. Se c’è ancora tempo per rivedere le scelte fatte, se c’è chi lancia ultimatum per eliminare la spesa cara all’alleato di governo e difendere la propria, è il caso allora di tornarne a parlare e valutare, in nome delle reali necessità del paese, una seria politica di sviluppo. Non farlo sarebbe un grave atto di irresponsabilità.