La parola d’ordine sembra quasi scontata: prendere tempo, aspettare i risultati dell’alleanza nelle prime elezioni regionali. Poi si vedrà, poi si deciderà quale strada imboccare in base al test del voto reale, non alla volatilità dei sondaggi che mostrano prevalentemente tendenze. E’ questo che emerge dalle prime mosse del governo giallo-rosso, del Conte 2 o Conte bis.

Se si vanno a vedere i 26 punti dell’accordo programmatico, si può trovare di tutto e di più, ma soprattutto si nota in controluce il massimo sforzo per mantenere una vaghezza scolpita nel Dna della maggioranza e caratterizzata da una limitata volontà di muoversi e di mettere in campo riforme incisive per raggiungere autentici obiettivi.

Questa voglia di guadagnare soprattutto tempo si comprende dalle contrapposizioni della sera e dalle ricomposizioni, o dai chiarimenti, del mattino dopo. La notte porterà consiglio per definizione, ma appare più evidente che la maggioranza ha eretto innanzitutto una sorta di “barriera” contro la svolta a destra, contro l’espansionismo leghista, ma sinora dimostra di non saper ancora affrontare un dibattito approfondito, oppure non si sente ancora pronta per un confronto serrato che si ponga una prospettiva realistica su come risolvere i problemi del Paese.

In questi giorni si è parlato di tutto, con altalenanti schermaglie gialle e rosse, a seconda degli argomenti: innanzitutto evitare l’aumento delle tasse e quindi evitare lo scatto dell’Iva, la famosa clausola di salvaguardia. Al momento siamo al cruciverba da interpretare: la “rimodulazione” dell’Iva. L’argomento non coinvolge, ma sconvolge, ed era conosciuto da tempo.

Poi si è passati al “tormentone” che ci accompagna ufficialmente da dieci anni, dalla crisi del 2008, ma in realtà, come ad esempio sostiene una grande economista come Mariana Mazzucato, da almeno vent’anni, se non di più: l’Italia caratterizzata da una cronica mancanza di crescita.

Quindi si avverte, con opinioni differenziate, la necessità di una manovra espansiva, anche perché l’Europa è ritornata “amica”, e poi perché la dottrina dell’austerity è stata giudicata inadatta anche dai vecchi falchi tedeschi e anseatici. Ma, attenzione, il tramonto dell’austerity genera anche risentimento in molti settori della società italiana per il decennio passato.

Sorge comunque spontanea una domanda: se c’è comprensione e ripensamento anche nell’Europa franco-tedesca, perché si cerca di far passare solo un 2,2% di deficit e si spera che Bruxelles lo comprenda e lo tolleri, anche con qualche apprensione?

Accanto a questa fatica di aggiustare il possibile di una manovra finanziaria, anche per caratterizzare una maggioranza “abbastanza improvvisata”, esistono tuttavia le previsioni delle agenzie di rating e di altri osservatori, che recitano impietosamente una crescita zero per quest’anno e uno zero, secondo i più pessimisti, anche per il 2020. C’è qualche ottimista che si avventura sul +0,1% per l’anno in corso e magari un +0,5% per il prossimo anno. Non è uno spettacolo confortante, tra meccanismi acrobatici di tassazione e la consueta risorsa, con relativo annuncio, del recupero dell’evasione fiscale nel dibattito tra uso delle carte di credito e del contante.

La confusione sulla questione fiscale è tale che sono entrati in sciopero persino i commercialisti che si occupano di tasse, tipica professione italiana, difficile da trovare in altri paesi democratici avanzati. Da che cosa è motivata la protesta? Risposta: “Non sappiamo come dare risposte esatte e suggerimenti adatti ai nostri clienti”.

Intanto, mentre tutto questo caratterizza al momento il nostro dibattito politico, si profila a livello mondiale il rischio di una nuova recessione. Quando Carlo De Benedetti lo disse, con toni secchi e impietosi in un’intervista televisiva, molti restarono stupiti. Ma tutti conoscevano già i dati negativi e il rallentamento dell’economia mondiale. Adesso si affacciano rischi più precisi, come i “crediti ad alto rischio” concessi alle famiglie negli Stati Uniti, dove qualcuno azzarda addirittura il pericolo di “nuovi subprime”.

Se si aggiunge a questo quadro economico internazionale una serie di guerre commerciali, che interesseranno anche l’ Europa e l’Italia (nel settore agroalimentare) con la continua ricerca faticosa di un nuovo equilibrio internazionale politico e geo-strategico, a ormai trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, non è difficile prospettare mesi di difficoltà e di incertezza.

A questo punto la strategia di cercare di guadagnare tempo a chi può giovare? A una maggioranza, caratterizzata a sinistra, con molti e differenti contrasti interni, o a una destra che potrebbe aspettare, anche cinicamente, i frutti di una nuova durissima prova di recessione economica?

Si dice, giustamente, nella ricorrenza del trentennale della scomparsa della “cortina di ferro” che il comunismo è morto, ma la democrazia liberale è ammalata. Per le nuove forze politiche, che su questa differenza di carattere ideologico hanno vissuto per oltre un secolo, è giunto il tempo di nuove analisi, di nuove elaborazioni, della visione realistica per costruire alternative aggiornate di carattere sociale, economico e politico. Almeno si può tentare. Fermarsi a guadagnare tempo non risolve i problemi che esistono da molti decenni e soprattutto crea vuoti che la politica non tollera mai.

Tra l’avventurismo di Matteo Salvini, le giravolte di Matteo Renzi, la mediazione inconsistente di Giuseppe Conte, la confusione pentastellare e la ricerca del tempo perduto del Partito democratico si vedono solo ingredienti per la grande epoca dell’incertezza permanente, se non dell’azzardo pericoloso.

Altro che aspettare i risultati di Umbria ed Emilia-Romagna per contarsi…