Dopo i risultati scioccanti delle regionali dell’Umbria, divampa il più inutile dibattito di questi ultimi tempi. Non è una scoperta, sia chiaro, ma una consuetudine ormai consolidata e noiosa quasi come il Festival di Sanremo.

Si dice: certo, l’Umbria ha vissuto uno scandalo sanitario (odioso quindi) che poteva inevitabilmente sconvolgere gli equilibri politici; certo, qualcuno comprendeva, dai segnali di questi anni, che era il momento di cambiare dopo 50 anni e più, del governo regionale di una sinistra che, ideologicamente, non ha mai conosciuto un autentico riformismo; certo, l’alleanza  tra Partito democratico e  pentastellati è stata  improvvisata e azzardata, oltre che palesemente difensiva, soprattutto dopo che i militanti delle due forze politiche si erano insultati a sangue per lungo tempo, prima di raggiungere un accordo; e ancora certo, non si traggano conseguenze drammatiche per il governo nazionale appena nato, per la sinistra e per gli “imprecisabili” grillini , che hanno una collocazione politica piuttosto aerea e immaginifica, cioè l’essenza dell’antipolitica.

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe “Giuseppi” Conte, una sorta di “Arlecchino servitore di due padroni”, prima a destra e poi a sinistra, innovatore spavaldo e quasi inebetito del vecchio trasformismo italiano, si aggrappa alle problematiche esposte prima. Ma si può coniare un detto: “Conte non conta”.

Dopo aver preso casa a Palazzo Chigi, cambiando ogni tanto bandiera alla finestra, il Presidente replica con un pizzico di angoscia aggressiva anche alle analisi sbrigative che vengono dette dai suoi avversari: l’Umbria è una sorta di Ohio italiano, quando si perde lì, si perde a livello nazionale. Un misto di astrologia e algoritmi che fa anche morire dal ridere in politica.

Questo è , in modo schematico, il riassunto del  dibattito politico e mediatico di questi giorni, della nuova repubblica, nata, purtroppo per i Conte&soci di ogni risma degli ultimi 27 anni, principalmente dalla “pulizia” politica di alcuni poteri forti, nazionali e internazionali, e dalla magistratura, feudale e militante, entrata in azione nel 1992, tre anni dopo la caduta del Muro di Berlino.

Il tutto avveniva con la “santificazione” del liberismo economico e il via libera al ruolo decisivo della finanza in posizione strategica e anche geopolitica. Di conseguenza si instaurava la dannazione del pensiero keynesiano (tradizionalmente interprete di una politica economica di sinistra) e di qualsiasi riforma del mercato nei suoi cicli negativi da parte della domanda aggregata e da un ragionevole intervento statale.

Probabilmente, quindi, comprendere la realtà è molto più complicato e si può fare solo attraverso accurati studi storici, attraverso tentativi di interpretazioni, attraverso ipotesi legate sempre alla concretezza dell’assetto sociale.

Vediamo di costruire una breve strada credibile di comprensione della realtà. L’Umbria, piccola, splendida e ragionevolmente sviluppata regione italiana, aveva un buon assetto produttivo: dalle famose acciaierie di Terni fino a ottimi prodotti artigianali. Ora si sta peggio, come un po’ ovunque in Italia. In più, l’assetto politico che era arretrato, in linea con il massimalismo italiano e il reducismo di Livorno 1921, era già entrato in lenta e inesorabile evoluzione, cominciando a concludersi con la caduta del Muro di Berlino.

Le contraddizioni del passaggio dal comunismo al post-comunismo non si sono facilmente risolte in Italia e neppure in Umbria. Il tutto sempre avvolto dalla famosa “questione morale”, che non era riuscito a convincere neppure il partito comunista nel 1978 nel famoso “convegno dell’Eliseo”.

In realtà, a sinistra, in tutti questi anni, è regnata sovrana la confusione, al punto che i vecchi militanti si sono chiesti e si chiedono ancora: ma che cosa significa oggi essere di sinistra? Un tempo identificarsi con le richieste popolari e delle classi meno abbienti? E dalla domanda, quando non trovano una risposta, passano al voto per la Lega di Matteo Salvini.

La domanda tuttavia, per certi aspetti inquietante, è anche certamente un fenomeno europeo, mondiale, che però ha aspetti particolari italiani.

In un Festival dell’Unità di epoca post-comunista fu invitato a parlare Francois Furet, lo storico francese che ha scritto il libro più documentato sulla morte del comunismo: “Il passato di un’illusione”. Furet ascoltò il dibattito dopo la sua relazione, quindi chiese, in separata sede, a Massimo D’Alema: “Ma siamo sicuri che queste persone hanno davvero capito che l’illusione è passata?”

In realtà, i superstiti della sinistra “lunare” italiana (sia di derivazione comunista che catto-comunista) hanno prima galleggiato a vista, sparando balle, e nello stesso tempo, sottobanco, hanno praticato una svolta liberista quasi volgare. Privatizzazioni-svendite da brividi delle aziende statali, condanna dell’economia pubblica, spazio illimitato alla finanza con tanto di derivati sottoscritti (vero professor Prodi?), via libera alla banca universale che fa trading a tutto spiano.

C’era già una confusione crescente, quando “regnava” il Walter Veltroni, che diceva di non essere mai stato comunista, ma poi dal liberismo montante, anche passando per la crisi del 2008, si è passati all’attacco dei diritti dei lavoratori, al cosiddetto Jobs act, senza articolo 18, contro i contratti collettivi, con fabbriche che chiudono e traslocano per il dumping fiscale di questa Europa imbarazzante.

Si aggiungano poi le disuguaglianze sociali, inevitabili che venivano persino condannate da uomini come i grandi banchieri della prima repubblica. Come quelli  di Mediobanca e non solo, oltre che dai più illuminati imprenditori come Adriano Olivetti; la povertà e una disoccupazione cronica; la mancata crescita ininterrotta rispetto agli anni prima del 2008 e in continuazione della mancata crescita dal 1992.

Senza enfatizzare il risultato dell’Umbria, si può dire che si è accesa la “spia rossa” finale, quella che difficilmente si spegnerà e che ha già allarmato tutti: la somma dei voti dei partiti di sinistra, in Umbria, è uguale ai risultati della sola Lega. E non si riesce a dire la verità sulle balle attuali e quelle di questi 27 anni. Questo è il problema, Inventandosi magari la “costola di sinistra” che avrebbe creato il comico Beppe Grillo.

Così il direttore de “Il fatto quotidiano”, difensore del governo e soprattutto dei penta stellati, sorride in tv come i “grandi che guardano dall’alto in basso”, cerca di fare il disinvolto, ma in realtà si vede che si sta mangiando il fegato; Conte difende l’alleanza con passione, ma continua a modificare la manovra finanziaria con vertici e riunioni di governo; Giggino Di Maio, al solito, straparla; Nicola Zingaretti, il “fratello del commissario Montalbano”, non sa più che pesci pigliare; Matteo Renzi sta studiando qualche altra mossa spiazzante per sopravvivere; Pier Luigi Bersani comunica una tristezza, ogni volta che parla, da indurre a toccare ferro.

Il fatto è che, non solo i vecchi militanti, ma quasi a tutti quelli che hanno una propensione a sinistra, si chiedono che cosa sia oggi la sinistra italiana. Quale anima abbia. Quale visione sociale voglia proporre e cerchi di realizzare. E purtroppo non trovano una risposta.

La sensazione è che la sinistra, in questi anni dopo il 1992, si sia lentamente suicidata, e ora stia consumando l’atto definitivo. E di fronte ha un tipetto per nulla rassicurante, tale Matteo Salvini, non un fascista, ma uno schematico personaggio, con scarsa cultura politica, che ha tendenze autoritarie.

E’ incredibile con quanta lucidità Emma Bonino abbia colto questo suicidio della sinistra, dicendo solo a proposito della politica migratoria: “Con il governo Conte bis si fanno le stesse cose che faceva Salvini, per non fare un favore a Salvini”. Bonino conclude: “Siamo al masochismo politico”.