Si sono riempiti pagine e palinsesti su Greta Thunberg, ma è interessante notare con quanta difficoltà si entri poi nel merito dei temi ambientali che lei denuncia. E quanto spesso si senta parlare di chi sarebbe dietro alla ragazzina svedese, più che dei problemi che solleva. Oppure con quanto ossequio venga considerata, senza che questo spinga ad approfondire ciò di cui parla.

Non ci si può nascondere che il tema ambientale sia complesso. Ed è complicato, oltreché controverso, comprendere ciò che gli scienziati, le istituzioni, le imprese, i singoli cittadini possano fare per arginare una situazione allarmante, o comunque per contenerne gli effetti nefasti.

Dallo scioglimento dei ghiacciai, che procura l’innalzamento del livello dei mari; alla crescita della temperatura media della Terra; al disboscamento di vaste aree, che provoca desertificazione; all’inquinamento dell’aria nelle aree urbane e industriali; al riutilizzo dei rifiuti; all’invasione della plastica che è entrata nella catena alimentare; al ritmo crescente di estinzione di specie viventi. Qualunque cosa si pensi sulla responsabilità dell’azione umana, non si può negare che ci sia un problema ambientale.

E anche chi non è certo che il riscaldamento globale dipenda dall’attività umana, non può essere certo del contrario.

Fenomeni come l’aumento della temperatura o della CO2 sono ciclici o indicano il rischio di un collasso?

Non sono domande da poco e gli scienziati da tempo diffondono messaggi allarmati. Eppure, come se fossero bloccati in un eterno presente, i più si disinteressano del futuro del pianeta, come se il futuro non fosse qualcosa che li riguarda.

Tuttavia, c’è una ragione probabilmente ancora più profonda che, in questa epoca, facilmente passa in secondo piano: le persone sono fatte per il bello e per il vero e niente come l’arte e la natura sono testimonianza di questo. Sono così importanti da essere essenziali come il pane e l’acqua. Pensiamo allo sgomento per la distruzione di grandi opere come le Twin Tower (oltre alla tragedia di 3mila morti); allo scandalo quando fu scheggiato un patrimonio della civiltà come la Pietà di Michelangelo, all’orrore che colse tutti quando l’Isis cominciò a distruggere Palmira oppure quando i talebani distrussero le statue di Budda in Afghanistan.

E anche se, per qualche motivo, questa consapevolezza è stata fatta passare come pagana, il magistero della Chiesa ha da tempo fatto capire che una “umana dimora” è quella in cui la natura è difesa.

Chi afferma il valore della vita, dal suo concepimento fino all’ultimo istante, per lo stesso motivo non può non desiderare un mondo dove foreste, animali, aria e acqua siano conservati come dono del Creatore. E non può non avvertire come barbarie qualunque ideologia che porti a non rispettare l’ambiente in nome di uno sviluppo economico e ne faccia pagare il prezzo ai più poveri.

Questo non riguarda solo i Paesi in via di sviluppo. Pensiamo a quanto avviene in Italia: la cementificazione delle nostre coste, il deturpamento di città altrimenti bellissime, il consumo continuo di suolo, giustificato dai palazzinari anche in epoca di crollo demografico, l’inquinamento di aria e acqua, il disboscamento all’origine di tante catastrofi “naturali”.

Per questo occorre prendere le distanze da estremismi, isterismi e mode, come da strumentalizzazioni economiche e di potere e non possiamo che essere, insieme a papa Francesco, esponenti di un ambientalismo umanista.