Venire in Italia non è un diritto

Di fronte a migrazioni senza precedenti, occorrono regole chiare. Venire in Italia non è un diritto, può essere una opportunità

L’altra sera a Napoli si è discusso del libro di Raffaele Simone edito da Garzanti, L’ospite e il nemico. La grande migrazione e l’Europa. Un libro importante che avrebbe meritato maggiore attenzione da parte della stampa e della politica. Libro importante perché dice delle verità difficili circa la migrazione di massa che si è rovesciata sull’Europa a partire dal 2015. Il processo attraverso cui milioni di persone, in fuga da diversi paesi dell’Africa e dell’Asia, sospinte da guerre, miserie e devastazioni si sono messi in marcia verso il continente europeo sperando di trovarvi salvezza e benessere. Verità difficili soprattutto per la sinistra. Questo il merito del libro.

Siamo dinanzi alla fase culminante, sostiene l’autore, di un processo di trasferimento di popolazioni verso l’Europa cominciato dopo la seconda guerra mondiale e sviluppatosi in più ondate.

Una prima, nell’immediato dopoguerra, formata da cittadini dei paesi europei messi in ginocchio dal conflitto, comprendeva anche immigrati provenienti da paesi ex coloniali. Questa ondata non sembrò alterare gli equilibri demografici e culturali del Continente né creò problemi di carattere religioso. Accadde tuttavia qualcosa che i governi non avevano considerato: i nuovi arrivati non tornarono in patria, si radicarono, ottennero di ricongiungersi alle famiglie, ebbero figli. Invece di mescolarsi con la società locale i nuovi arrivati si chiusero in comunità che conservavano le proprie abitudini, usanze e norme. Si preparava il terreno in cui si sarebbero alimentati atteggiamenti antieuropei e il rifiuto della mentalità democratica.

La seconda ondata si mosse alla fine degli anni Ottanta, proveniva dall’Est balcanico e slavo sospinti dal crollo dei regimi comunisti. I migranti passavano in Europa attraverso la costa meridionale italiana. Masse piuttosto numerose che tuttavia si sparpagliarono in diversi paesi senza creare allarmi, dedicandosi ad attività legali. In questa fase, tra l’altro, entrava in Europa un flusso continuo di cinesi: un’immigrazione invisibile, composta da comunità maldisposte all’integrazione, poco trasparenti, sottratte al controllo dei governi.

La terza ondata è rappresentata da quella che Simone definisce “la grande migrazione”, la più imponente e drammatica. Ha origine nella fuga dai conflitti religiosi, politici ed economici che lacerano i paesi dell’Africa settentrionale e sub-sahariana così come dall’Asia centrale. Ogni fase del viaggio, ricorda Simone, avviene sotto il controllo di potenti mafie locali che gestiscono il traffico con crudeltà traendone ingenti vantaggi.

Simone nel suo libro descrive un sistema migratorio convergente a tenaglia sull’Europa. I flussi partono dall’Asia centrale e, attraverso la Turchia, la Grecia e i Balcani, puntano al Nord Europa e alla Germania; l’altra rotta parte dall’Africa sub-sahariana e si lancia nel Mediterraneo dai porti libici. Di questa migrazione colpisce la dimensione: non migliaia ma centinaia di migliaia, milioni di persone si incamminano per giungere in Europa. Un salto numerico enorme rispetto ai precedenti.

L’Europa è apparsa impreparata a fronteggiare un tale fenomeno. Non si è resa conto della sua portata e delle conseguenze di un’immigrazione incontrollata. Non solo. In Europa è prevalsa la convinzione che accogliere i flussi di immigrazione fosse una sorta di risarcimento verso popoli che hanno subito il colonialismo europeo. Secondo questa ideologia l’Occidente è responsabile della maggior parte dei disastri della storia, per conseguenza la civiltà europea ha il dovere di pagare il suo enorme debito. Di qui alcune formule passate dalla sfera dell’opinione politica a quella della vita quotidiana: l’immigrazione non è soltanto un evento inevitabile, ma anche un arricchimento, l’Europa sarà salvata dall’immigrazione, sarà fonte di entrate fiscali, con la globalizzazione non esistono più frontiere, ecc.

Sulla base di queste convinzioni la conclusione cui si giunge è che non c’è da preoccuparsi. Il problema viene così banalizzato. Accade anche in Italia. Nel nostro Paese gli stranieri sono il 10% della popolazione. La percentuale si è raddoppiata se confrontata con i dati del 2007. L’impennata la si è avuta a cavallo tra XX e XXI secolo. Poi la crisi migratoria scoppiata tra il 2014 e il 2015, dopo il fallimento delle “primavere arabe” e delle operazioni di cambio di regime lanciate avventurosamente in Siria e Libia, ha aggravato la situazione. Lo sbarco nei porti italiani di circa 160mila migranti all’anno ha creato un’ondata di allarmismo nella popolazione italiana a cui lo Stato non ha saputo fornire alcun tipo di risposta. Il comportamento della Ue è stato al di sotto delle necessità, soprattutto per quel che riguarda la ripartizione dei rifugiati, con il rifiuto del gruppo di Visegrád ad accogliere rifugiati.

C’è infine, come sostiene Marco Valbruzzi dell’Istituto Cattaneo, un aspetto dell’immigrazione in Italia da considerare. La questione migratoria si va a sommare a questioni già aperte: dal problema abitativo a quello della sicurezza, al tema del finanziamento del welfare a quella del degrado urbano, questioni che ne amplificano la portata. Insomma la questione dell’immigrazione si sovraccarica di altri significati e problemi che la rendono sempre più rilevante per i cittadini. Nel 2018 più del 35% degli italiani ritiene l’immigrazione il principale problema con cui deve misurarsi il governo.

Cosa fare? Attrezzarsi per affrontare la questione con la dovuta serietà.  L’accordo di settembre a Malta da parte dell’Unione Europea è un primo passo avanti anche se prevede che la disponibilità degli Stati membri ad accogliere rifugiati sia solo volontaria! Altri passi avanti deve compiere l’Europa. Occorre mettere in campo soluzioni che valgano sia per il breve che per il lungo periodo sulla base di un principio ispiratore: venire in Italia non è un diritto, può essere una opportunità, a certe condizioni. Un’immigrazione quindi regolata e governata. Il tentativo di Minniti fu generoso e intelligente ma non trovò sostegno nello stesso Pd. Occorrerà riprendere il lavoro avviato.

La situazione resta difficile. C’è un dato particolarmente amaro e doloroso. Una gran parte dei migranti giunta in Italia è andata a ingrossare le file di chi vive al di sotto della soglia di povertà assoluta, un milione e mezzo di stranieri è in questa situazione. E c’è un’altra considerazione da fare. All’angosciosa regressione verso la paura di vaste fasce della popolazione che avvertono l’immigrazione come un pericolo, non si risponde con un’alzata di spalle o con l’indignazione morale. Si risponde lavorando per fare del rispetto dei diritti umani un tema non incompatibile con la sicurezza. Di fronte alle paure e alla rabbia del mondo in cui viviamo non si chiudono gli occhi, si cercano le risposte.   

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