La nuova vita di Mario Draghi – che l’1 novembre concluderà i suoi otto anni di presidenza alla Bce – inizierà dopodomani a Milano. Draghi ha infatti accettato la laurea honoris causa in Economia che l’Università Cattolica ha voluto conferirgli. La lectio che pronuncerà nell’Aula magna di Largo Gemelli conterrà le sue ultime parole pubbliche nelle vesti di banchiere centrale dell’euro. Poco probabile che voglia spenderne molte per una replica spicciola alle critiche giuntegli negli ultimi giorni dai banchieri centrali del Nord Europa: indispettiti perché anche l’ultimo consiglio della Bce ha approvato a maggioranza le scelte di Draghi.

Se il Finacial Times ha definito “burosauri” i critici di Draghi, è intanto agli atti anche la sua raccomandazione tecnica: insistere con la politica monetaria espansiva per contrastare una fase recessiva in arrivo e prevenire choc a banche e debiti pubblici. Ma Draghi ha rinnovato – anzitutto alla nuova Commissione Ue – una raccomandazione da “statista dell’euro” i governi europei e le istituzioni comunitarie non possono eludere le responsabilità schiettamente politiche di guidare oltre 500 milioni di europei, delegandole alla stagionata macchina tecnocratica di Maastricht. Per quanto forte e ormai adulta, l’unione monetaria pilotata da Francoforte non è sufficiente – da sola – a garantire condizioni economiche di benessere e sviluppo corali in Europa e di competitivita sulla scacchiera globale.

L’Unione europea è sempre stata una scelta coraggiosa: fin da quando essa maturò sulle macerie della Seconda guerra mondiale, anche per l’impegno di uno statista italiano come Alcide De Gasperi. Oltre mezzo secolo dopo i trattati di Roma, nell’estate 2012 Draghi si è ritrovato ad assumere decisioni di estrema responsabilità in un passaggio critico per il sistema-Europa. Per essendo al timone della Bce da un solo anno, ha promesso a mercati e governi di fare “qualunque cosa” per difendere l’euro. Il suo coraggio è stato creduto e premiato: e oggi Draghi può consegnare a Christine Lagarde un euro più credibile di quello che aveva ricevuto, per il solo fatto di averlo difeso a dovere in otto anni difficilissimi.

La sua vera promessa da candidato presidente della Bce, Draghi l’aveva pronunciata davanti al Meeting di Rimini del 2009. “Mio padre – raccontò – mi ha lasciato un precetto di vita: se perdi il tuo denaro potrai rifarti; se perdi il tuo onore potrai riscattarti; soltanto se non avrai coraggio nessuno potrà mai dartelo”. L’omaggio della Cattolica è a questo. C’è da attendersi che Draghi declinerà così – anche in Cattolica – i suoi pensieri al momento.