Scongelare le privatizzazioni

Può sembrare fuori tempo riparlare di privatizzazioni, ma ci sono due buone ragioni per pensarci almeno in questo frangente

Può sembrare fuori tempo riparlare di privatizzazioni quando il Governo sta seriamente esaminando l’opzione ri-nazionalizzazione per ex Ilva e Alitalia (o perfino per Atlantia). E quando le celebrazioni per i 170 anni della Cassa depositi e prestiti – alla presenza del Presidente della Repubblica e del premier – hanno assunto un profilo istituzionale e mediatico eccezionalmente alto. Ma forse proprio in una fase come questa può essere opportuno rifletterci.



La prima e principale ragione è legata alla manovra 2020 in via di ultimazione. La bozza di legge di stabilità ha superato – com’era atteso – il primo esame della Commissione Ue, ma non senza la conferma di un appunto formale: “La politica finanziaria italiana non rispetterà i target 2020 per la riduzione del debito pubblico”. Benché la procedura d’infrazione avviata da Bruxelles contro l’Italia all’indomani del voto europeo di maggio sia stata successivamente cancellata, il nodo sostanziale resta intatto. Che nel 2020 il rapporto debito/Pil salga al 135,2% (come prevede il governo) o al 136,8% (stima Ue, dopo il taglio allo 0,4% della crescita attesa), l’Italia rimarrà fuori, sempre più fuori dalle compatibilità di Maastricht. E lo sarà molto probabilmente ancora di più nel 2021.



Come può un esecutivo (qualsiasi) continuare a non affrontare questo profilo critico, ora che la governance europea riprenderà i suoi ritmi usuali? Come può pensare di non lanciare almeno segnali in direzione di Bruxelles e dei mercati? Come può esibire soltanto un impegno – e per ora solo formale – sul fronte dell’evasione fiscale, lasciando intanto correre ipotesi di tassazione straordinaria su patrimoni e risparmi delle famiglie? Perché continua il silenzio sulle privatizzazioni, progressivamente calato già nel quinquennio a maggioranza di centro-sinistra?

L’Ipo di Poste Italiane – nell’autunno del 2015 – è stata un successo. E da allora il valore del titolo in Borsa è salito fino ai suoi massimi storici, con un incremento superiore al 70%. Perché non viene scongelata almeno una seconda tranche, che manterrebbe comunque al Tesoro il controllo? Il governo Renzi aveva studiato anche un collocamento iniziale per le Fs: perché non se ne parla più? I media finanziari internazionali segnalano da tempo la pressione di una domanda fortissima da parte di investitori obbligazionari alla ricerca di rendimenti anche minimi: perché l’Italia continua a non verificare in questo scenario la praticabilità di operazioni proposte da tempo nel campo della valorizzazione finanziaria dei beni immobiliari pubblici? E questo soltanto per rimanere sul terreno della finanza statale: citando soltanto l’esistenza di asset patrimoniali ancora nel portafoglio di enti locali (alcuni molto indebitati).



Non manca un secondo buon motivo per riaccendere i fari sulle privatizzazioni: anche l’Italia, ormai, è un’Azienda-Paese in cui il Pil viene prodotto dalle imprese private. Riavvolgere il film a un’epoca in cui lo generava per una quota importante lo Stato non è possibile: se non correndo il rischio serio di creare altro debito.

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