Le relazioni bilaterali tra l’Italia e il Regno del Marocco sono tradizionalmente eccellenti e improntate alla massima collaborazione su temi di interesse comune, quali le migrazioni, il processo di stabilizzazione in Libia e la lotta al terrorismo. In occasione della visita del 1° novembre 2019, questa cooperazione si è concretizzata in una dichiarazione congiunta che istituisce un partenariato strategico multidimensionale tra Roma e Rabat.
Il Marocco è un Paese strategico per l’Italia, in ragione della sua crescita economica e per le numerose opportunità per le nostre imprese in termini di investimento: attualmente, sono presenti nel Paese nordafricano 252 aziende italiane. Parte di numerosi accordi di libero scambio, il Marocco si sta progressivamente affermando come porta d’accesso all’Africa, cui il nostro sistema-Paese guarda con crescente attenzione: nel 2018 il flusso complessivo di merci tra Italia e Marocco è aumentato del 5,6%, passando dai 2,89 miliardi di euro del 2017 ai 3,51 miliardi dello scorso anno. Nello stesso periodo, le nostre esportazioni verso il Paese nordafricano sono cresciute del 7,6%.
La rete della Farnesina in Marocco è composta dall’ambasciata a Rabat e dal consolato generale a Casablanca, a cui si aggiungono tre consolati onorari (Agadir, Marrakech, Fes) e cinque corrispondenti consolari, oltre a un Istituto Italiano di Cultura attivo nella capitale. Queste sedi erogano servizi a più di 6.500 connazionali stabilmente residenti, oltre ai numerosi turisti italiani.
Per queste ragioni e guardando oltre gli stereotipi di un Mezzogiorno d’Italia “obbligato” a guardare al Nord Europa per il proprio sviluppo, il regno del Marocco è stato scelto come partner privilegiato per l’iniziativa “I giorni del Sud” che intende riaprire i giochi del dialogo e della crescita nella regione euromediterranea.
Quali sono i fattori di sviluppo del Sud? Di quali politiche di intervento ha bisogno? Qual è il suo ruolo nel Mediterraneo?
Reputo cruciale il fatto che la cosiddetta questione meridionale sia derubricata a tema di politica interna e considerata un elemento che distingue la volontà “sociale” dei vari governi di intervenire su una parte svantaggiata del Paese, e che invece acquisti una diversa caratura se si inseriscono valutazioni in materia di geopolitica e riflessioni geostrategiche. Il Sud è la parte dell’Europa che più si protende nell’area del Mediterraneo. Aldo Moro era solito dire “l’Europa non è nel Mediterraneo, l’Europa è il Mediterraneo”.
Consideriamo il vorticoso sviluppo de porto di Tangeri: oggi risulta essere, secondo le ultime proiezioni, il più importante porto del Mediterraneo. Il porto di Tangeri è nato ufficialmente nel 2007 dalla legge 15-02 emanata dal governo marocchino con l’obiettivo di sposare le strategie delle “zone economiche speciali” (Zes); con l’idea di ripensare il Mediterraneo come soggetto centrale dell’economia mondiale. Per decenni si è pensato che i destini del mondo si trasferissero per intero nello scacchiere del Pacifico, adesso si è spostata nuovamente l’attenzione sul Mediterraneo.
Le guerre più importanti infatti si sono combattute nell’area euromediterranea, basti pensare alla questione balcanica, siriana, libica. Dietro le guerre ci sono formidabili interessi che si muovono: la pipeline che doveva riconnettere l’area mediterranea a quella mediorientale che ha inasprito il conflitto di potere tra sauditi e iraniani è null’altro che il riecheggiare dei temi per noi fondamentali per capire la vocazione del nostro Sud, già formulati ai tempi di Enrico Mattei, e cioè riprendere iniziativa per ritornare centrali nella partita del Mediterraneo.
La verità è insomma che il Sud non risolve le sue contraddizioni limitandosi a risolvere il proprio rapporto con una farraginosa burocrazia statale. Il Sud risolve i suoi problemi e aiuta l’Italia a recuperare il proprio ruolo solo se l’Italia diventa consapevole che il Sud è strategico per il futuro dell’Italia tutta, e anche dell’Europa e dell’intera regione euromediterranea.
Cosa deve potenziare l’Italia per far vincere al Sud la sua partita?
Dobbiamo anzitutto rafforzare il soggetto che solo può rilanciare queste regioni: un soggetto fatto di decine di migliaia di giovani uomini e donne che si assumono il rischio di un nuovo sviluppo. A fronte di qualche migliaio di immigrati che arrivano in Italia ogni anno, decine di migliaia dei giovani più preparati del Sud vanno via, molti con le lauree, cioè con la capacità di garantire l’ipotesi buona per il destino di una generazione. Cosa possiamo immaginare di fare se non siamo capaci di difendere questa dimensione del cambiamento?
Mi piacerebbe parlare di come recuperare Gioia Tauro in una funzione competitiva, mi piacerebbe discuterete il rilancio di Taranto, riflettendo in profondità perché abbiamo perso il boccino della partita sull’acciaio in cui eravamo elemento dirimente dell’esistenza stessa del progetto europeo.
Ma se non abbiamo in questo momento l’intelligenza, l’arguzia, la visione strategica di comprendere che tutto passa attraverso il rafforzamento del soggetto, di quelli che sul posto dovranno fare i conti con una realtà dura e complessa ma non per questo matrigna, falliremo ancora.
Dovremmo investire quelle risorse che sono state finalizzate a misure sociali dall’esito ambiguo e contradditorio mettendole invece sul piatto di una nuova generazione che possa così giocarsi il suo ruolo fuori dal condizionamento oggettivo della burocrazia, della criminalità organizzata e via dicendo.
La legge 15-02 è stata fatta in Marocco, non in Austria. Per chi conosce il Marocco, sa che è un paese che ha avuto ed ha problemi con la burocrazia, ha avuto ed ha problemi con un ristagno delle dinamiche politiche competitive, cioè di quelle che portano a fare azioni importanti per il paese. Eppure c’è stata una volontà politica figlia di una questione semplice: il re del Marocco e i vari governi che si sono succeduti avevano compreso cosa stava succedendo nel Mediterraneo, mentre noi siamo ripiegati sul nostro ombelico e da troppo tempo consideriamo il Sud una partita interna.
Questo ci impedisce di focalizzare quello che è l’interesse più importante: il Sud non è importante perché deve essere riscattato, il Sud è importante perché è il catalizzatore della rinascita italiana e del rilancio del progetto europeo, perno del rilancio dell’intera area del Mediterraneo.