La vicenda del commissariamento della Banca Popolare di Bari ha riacceso un faro sullo stato del sistema creditizio nel Mezzogiorno. Solo alcune settimane fa un imprenditore di successo di Napoli ha urlato sui giornali il suo disagio per non poter continuare a soddisfare la domanda strabiliante di presse industriali che riceve la sua azienda, la Mecfond, perché il sistema di realizzazione di queste opere finanziariamente si basa sui Sal (stati avanzamento lavoro) e non sulle fatture da anticipare. Il che lo espone a vincoli finanziari talmente stretti da non poter ottenere dal sistema bancario tradizionale alcun aiuto.
A nulla è valso l’intervento fattivo della Confindustria locale che ha promosso più incontri con operatori bancari per sostenere la crescita di questa impresa e darle l’opportunità di continuare a produrre e prosperare. Pare che i funzionari di alto livello di diversi istituti abbiano detto che, semplicemente, non avevano alcuno strumento per finanziare le commesse che i primari operatori dell’automotive avrebbero voluto avviare riempiendo di ordini l’impresa campana. Effetto è stato che, non potendo accettare gli ordini, si sono avviate, e si spera che non si completino, le procedure per la cassa integrazione.
Le commesse ci sono, il lavoro è eccellente, l’impresa ben avviata ma il nugolo di algoritmi e vincoli che le diverse Basilee hanno creato nelle banche ha talmente congelato il potere gestorio dei vertici bancari che ogni decisione che l’algoritmo non prevede, semplicemente non può essere presa. Anche se giusta, anche se corretta, anche se remunerativa.
A questo punto la domanda è a che serve una banca. Se i soldi non li puoi impiegare nello sviluppo e nella crescita delle imprese, perché troppo rischioso, e se i mutui sono l’unico business “certo”, è forse la stessa parola “banca” che va accantonata. Ormai è un posto in cui se metti i soldi devi pagare il deposito, se li vuoi indietro devi spiegare il perché, se vuoi investire devi stare nell’algoritmo costruito con le medie ponderate della rischiosità di settore e territorio, con un sistema informatico che ti dice in anticipo cosa e quanto e a che tasso puoi prestare e a chi. Tutto fantastico, ma tutto sbagliato.
La storia insegna che il credito costruisce il benessere quando accordato sulla fiducia e sulle idee non quando serve solo a ridurre i tempi di pagamento scontando un tasso a fronte di un credito certo. Anzi, se applichiamo indicatori e intelligenze artificiali ai dati storici del Mezzogiorno nessuno mai presterà nulla a nessuno e se ci fidiamo solo di quel che abbiamo fatto difficilmente faremo in futuro alcunché di nuovo e migliore.
Ecco perché una Banca del Sud, se è solo banca nel senso descritto, serve a nulla o poco più, e la Popolare di Bari, anche con il nuovo nome, sarà solo l’ennesima banca salvata usando per l’ennesima volta la suggestione dei bisogni del Mezzogiorno per coprire un’operazione di ricapitalizzazione a spese dello Stato.
Che il problema sia normativo e regolamentare, non vi è dubbio. Se non si è riusciti fino ad ora è perché il set di norme imbriglia anche i più volenterosi e cambiarlo significa scegliere di discuterne in Europa e nel Paese. E soprattutto superare l’idea che investire, per una banca, sia un gioco che finisce sempre in mani poco avvedute o addirittura proibito.
Si deve, in sostanza, ripristinare il diritto/dovere di investire e supportare le imprese attraverso istituti finanziari (pubblici o privati) che abbiano una dote reale a cui attingere. Può accadere di perdere, ma anche di guadagnare, e se accettiamo che chi opera lo fa in buona fede e con professionalità, il rischio di investire nel Mezzogiorno ha un senso, anche perché oggi il set di norme di compliance interno alle “banche” e alle imprese, unito alla tracciabilità senza limiti dei flussi finanziari, ci può e ci deve far star più tranquilli di quando gli assegni “a me medesimo” giravano indisturbati tra le mani di controllori e controllati. Non comprendere che questa massa di vincoli poco intelligenti condanna il Mezzogiorno più ancora dei sui limiti è un errore imperdonabile. Perché le regole degli algoritmi divengono un pregiudizio informatico e finanziario, contro cui nulla può anche la volontà dei più saggi.