Ci sono diverse immagini che caratterizzano un periodo storico. La rivista “Time” mette in copertina la piccola Greta Thunberg, simbolo della battaglia ecologica, come personaggio dell’anno. Le televisioni di tutto il mondo contrappongono il decisionismo vincitore di Boris Johnson all’incertezza perdente di Jeremy Corbyn nelle recenti elezioni britanniche, che hanno sancito il definitivo via libera alla Brexit.
Forse in Italia passa un po’ inosservato (chissà per quale ragione o per quale interesse politico) il blocco violento della Francia con le contestazioni al presidente “neo-napoleonico” Emmanuel Macron, prima da parte dei gilets jaunes ora da quasi tutte le classi sociali per la riforma delle pensioni. E’ circa un anno che l’Eliseo viene contestato, ma per la nuova intelligencija italica Macron resta sempre un “fenomeno”. Non si capisce bene di quale natura.
Tuttavia in Italia si coglie sempre il “meglio del momento”. Per ora si passa dalle carrellate sulle piazze delle “sardine”, elogiate e quasi santificate da tutti, alle contorsioni nervose della maggioranza di governo sulla manovra finanziaria, sulle tasse e sul futuro del Conte 2.
Ma se si guarda con un occhio vagamente storico e critico, l’immagine deflagrante è arrivata martedì pomeriggio sugli schermi, con l’accoppiata del senatore Elio Lannutti (il nuovo esegeta poco informato dei “Protocolli dei Savi di Sion”, un falso della polizia zarista nel 1903) e l’ex pubblico ministero d’assalto, Tonino Di Pietro, il garante al contrario, dal 1992, della probità, dell’etica pubblica e di quella che doveva essere la nuova politica, con uno sviluppo economico impetuoso e ovviamente il risanamento del debito pubblico.
Dietro ai due “saggi” si ergeva sullo sfondo, anche se non inquadrato, lo “strumento” della dissoluzione istituzionale, il comico Beppe Grillo, piombato a Roma, lanciato in pista più di dieci anni fa da un “patto” fra improvvisati editori, giornalisti che si ritengono registi occulti, avventurati imprenditori e politici di seconda fila sul palcoscenico italiano.
A ben vedere, il trio Di Pietro-Grillo-Lannutti, questo “triumvirato alla vaccinara”, è la migliore sintesi dell’Italia di oggi: sono l’immagine propagandistica di un governo talmente debole e lacerato al suo interno, che trasforma una incertezza cronica in forza di resistenza a oltranza. Ma il governo, in un certo senso come il triumvirato, resta solo il paravento delle forze composite che girano o stanno dietro a questa maggioranza.
La parola d’ordine di tutti i protagonisti della drammatica sceneggiata italiana sembra sempre quella pronunciata alla Procura di Milano tempo fa: “resistere, resistere, resistere”. A che cosa? In questa circostanza al ricorso alle urne, alla resa dei conti, prima contro una pericolosa svolta a destra, poi contro una più ampia resa dei conti storici.
Con l’inevitabile paragone tra “prima e dopo”, come ha scritto un autentico grande giornalista, Antonio Polito. Gli italiani hanno già cominciato, ma alla fine saranno costretti a fare in tutta la loro ampiezza il paragone tra la Prima Repubblica e la deriva della Prima Repubblica.
Forse nessuno, delle comparse di questo quarto di secolo, aveva in mente una specie di legge scritta da Max Weber, “il paradosso delle conseguenze”, che riguarda i metodi usati per illudere e risolvere problemi senza affrontare la realtà e usando metodi quanto meno discutibili. Quando si razzola tanto male e si predica tanto bene, alla fine si viene letteralmente inghiottiti dal nulla e a volte anche azzerati.
Intendiamoci, quindi: il “triumvirato” è solamente l’immagine che nasconde un retroterra che è sull’orlo di un fallimento generale.
In fondo, il salvataggio della Banca Popolare di Bari è un neo, non bello e forse maligno, che sbuca improvvisamente sulla pelle del Paese (anche se è conosciuto sottobanco da anni), ma occorre aggiungere a questo il lento e inesorabile declino del tessuto industriale, con un “pacchetto” inquietante di circa 160 vertenze sindacali. Situazioni di vario tipo, con l’ex Ilva in testa, che svelano crisi di fabbrica drammatiche, nuova disoccupazione in arrivo e, inevitabilmente, un numero maggiore di senza lavoro e di poveri che si contrappone a sacche di benessere che sono ben illustrate da Luca Ricolfi nel suo ultimo libro “La società signorile di massa”, dove emergono i contrasti inauditi tra categorie e classi di cittadini, le disuguaglianze sociali spaventose che caratterizzano la nuova fase della storia italiana.
A questo bisogna aggiungere un dato che emerge da molti analisti: in questi ultimi 25 anni il potere d’acquisto degli italiani, in generale, si è bloccato come solo in un’altra occasione nella storia d’Italia, a partire dal 1861.
Il governo, quindi, naviga come il celebre Titanic, tra iceberg e tempeste di vario tipo. Ma non è neppure paragonabile a una grande nave partita da Southampton, non meriterà un film. Il Conte 2 sembra piuttosto una barca sgangherata, che resta a galla, ma che fa acqua da tutte le parti. Pur essendo fallito, questo governo, comunque lo si giudichi, si è trasformato in una specie di zattera di sopravvivenza dei falsi innovatori che avevano innestato quella che, paradossalmente, avevano definito “rivoluzione di velluto”. La zattera può restare a galla a lungo, ma alla fine i danni possono veramente rivelarsi incalcolabili.
Nessuno di questi sopravvissuti naviganti affronta i problemi in modo reale: la Popolare di Bari è l’ennesimo esempio di una filosofia di banca sbagliata, oltre che di una vigilanza superficiale e disattenta; l’Ilva rivela in modo lampante gli aspetti di una privatizzazione fatta con i piedi; la manovra finanziaria è un tampone disperato che svela anche l’incapacità di varare una realistica visione di sviluppo; la riforma della giustizia è concepita contro ogni reale tripartizione dei poteri.
C’è ancora qualcuno, in questo Paese, che si ricorda ad esempio che Giovanni Falcone, grande uomo, non era iscritto a nessuna corrente dell’Associazione dei magistrati e si è sempre schierato per la separazione delle carriere tra giudice e pubblica accusa? C’è qualcuno che si ricorda che Falcone, oggetto di invidie meschine, finì sotto accusa davanti al Csm?
Nonostante la zattera che galleggia, malgrado i pentastellati che si dividono e chiedono aiuto al pensiero comico del comico per antonomasia, alla faccia del “triumvirato alla vaccinara” alla fine il “grande imbroglio” finirà e occorrerà ricominciare da capo. Se sarà possibile.